In caso di reati tributari commessi dalla società, il prestanome ne risponde penalmente e pertanto deve essere considerata legittima la confisca per equivalente dei suoi beni. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36182 depositata il 27 agosto 2014. Nel caso in esame il prestanome svolgeva compiti di natura fiduciaria, consapevole di tenere indenni soggetti terzi da possibili responsabilità legate anche a reati tributari. Per tale motivo il Tribunale gli aveva inflitto una condanna per i reati di associazione per delinquere capeggiata da due commercialisti, concorso in bancarotta fraudolenta pluriaggravata e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’articolo 11 del Dlgs 74/2000.
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Il Caso
Più in particolare i due commercialisti coinvolti individuavano delle società alle quali accollare rilevanti debiti tributari per poi eseguire tempestivi e fittizi trasferimenti all’estero per sottrarle alle procedure concorsuali fallimentari. Il prestanome era l’autista e uomo di fiducia di uno dei due commercialisti al quale era stata affidata l’amministrazione di un rilevante numero di società ed era stato delegato ad operare sui conti bancari delle stesse. L’imputato si era difeso dichiarando la propria assenza di responsabilità essendo un mero prestanome privo della coscienza, volontà e capacità tecnico-professionale per partecipare all’associazione criminale.
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La Cassazione ha però respinto il ricorso del prestanome, confermando la decisione del Tribunale, ritenendo che per l’espletamento delle mansioni svolte non fosse necessaria una specifica formazione professionale, essendo sufficiente la dimostrazione ad opera del partecipe di un’incondizionata affidabilità a vantaggio di uno dei principali imputati, in favore del quale ha svolto compiti fiduciari quali la custodia di pen drive contenenti la contabilità occulta del gruppo societario, l’amministrazione di ben quindici società del gruppo e la delega ad operare sui relativi conti.