Il decreto sull’equo compenso, previsto dalla legge sul diritto d’autore, che spetta ai detentori di diritto d’autore rischia di costare caro ai consumatori, perché potrebbe causare un rincaro di circa 4 euro per ogni dispositivo contenente una memoria (smartphone, tablet, computer, chiavette usb e così via). Una situazione che non piace affatto alle associazioni dei consumatori e ai produttori di apparati, tanto che Altroconsumo che ha deciso di ricorrere al Tar del Lazio contro il decreto firmato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, accolto invece con favore da parte degli artisti e della Siae.
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Equo compenso
Con il termine “equo compenso” si intende il compenso che spetta ai detentori di diritto d’autore a fronte della possibilità dei consumatori di fare una copia personale di film o album comprati, salvandoli su appositivi dispositivi contenenti una memoria, come previsto dal decreto del 2003 nato da una direttiva UE del 2001. Quest’ultimo prevede inoltre che la quota spettante, ovvero il sovrapprezzo che ciascun consumatore deve pagare quando acquista uno di questi dispositivi, deve essere aggiornata ogni tre anni.
Poche copie private
Alla base delle proteste di consumatori e produttori c’è il sondaggio commissionato dallo stesso Ministero nel precedente Governo secondo il quale al giorno d’oggi solo una minoranza di persone fa una copia privata, in generale si tende a guardare film ed ascoltare musica in streaming o comprarla già in versione digitale. Dunque il rincaro non sarebbe giustificato, anzi sarebbe auspicabile un calo delle tariffe. Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini ha risposto alle polemiche affermand:
“Ho applicato doverosamente una norma di legge vigente. E’ dal 2012 che le tabelle sull’equo compenso attendevano di essere aggiornate. E ho anche ricostituito il tavolo tecnico che dovrà monitorare l’evoluzione e le tendenze del mercato e che, entro 12 mesi, verificherà lo stato di applicazione di questo provvedimento. Governo e Parlamento dovranno adesso riflettere sulla necessità di adeguare la norma di legge ai cambiamenti tecnologici e di mercato, in parte già avvenuti e in parte prevedibili”.
In più, precisa il ministro, non c’è nessun automatismo sui prezzi di vendita:
“Il decreto non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. Peraltro, com’è noto, in larga parte gli smartphone e tablet sono venduti a prezzo fisso”.
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Aumenti ingiustificati
Per Altroconsumo, però, non c’è nessuna garanzia che i produttori assorbano gli aumenti. Secondo le stime l’extra gettito dell’equo compenso sarà di 100 milioni di euro all’anno circa (su un totale di circa 200 milioni). Si tratta di
“Aumenti non giustificati né dai dati di utilizzo di dispositivi mobili in Italia, scenario in evoluzione stabile, né da un semplice e forzato confronto con quanto accade in Francia e Germania: la misura è anacronistica, già minoritaria in Europa dove sta scomparendo di pari passo con l’evoluzione dei modelli di business e di condivisione dei contenuti online”.
Per questo Altroconsumo chiede l’abolizione degli aumenti attraverso la petizione sul proprio sito, già firmata da 20.000 sottoscrittori e sulla piattaforma change.org, dove è stata sottoscritta da altri 60.000 consumatori.