Niente controlli fiscali per i professionisti nel caso in cui la sede lavorativa, ovvero lo studio professionale, l’ufficio o il luogo in cui viene svolta l’attività commerciale, coincide con l’abitazione. A chiarirlo è la sentenza 4140/13 della Corte di Cassazione.
Per l’accesso ispettivo in locali adibiti ad uso promiscuo, nei quali viene inibito l’accesso all’amministrazione finanziaria, è necessaria l’autorizzazione da parte di un Procuratore della Repubblica.
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Il caso
Il caso riguarda la contestazione di alcune violazioni fiscali a carico di un imprenditore per l’utilizzazione di fatture ritenute false, accertate per mezzo di controlli effettuati presso il luogo di svolgimento dell’attività, adiacente però all’abitazione dell’imprenditore. I due locali comunicano tramite porte come documentato con atti e piante catastali.
L’imprenditore aveva quindi contestato l’accertamento per il quale non era stata data autorizzazione dal Procuratore della Repubblica.
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A dare ragione alla tesi difensiva erano già stati in precedenza sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale. Contrariamente l’Agenzia delle Entrate riteneva che la disposizione si applicasse solo nel caso in cui i due locali (abitativo e professionale) coincidessero.
La sentenza della Cassazione invece dispone che questa valga anche nel caso in cui questi siano adiacenti, se comunicanti. Requisiti che classificano i locali come ad uso promiscuo agli effetti dell’articolo 52 del Dpr 633/72, permettendo l’applicazione delle garanzie previste da tale norma.