Il processo di informatizzazione della PA passa attraverso la dematerializzazione e la trasmissione telematica dei documenti, come le dichiarazioni dei redditi. In merito ci sono però dei dubbi da risolvere: a chi spetta l’onere della prova di difformità e quale è la data di riferimento per verificare il rispetto delle scadenze?
A rispondere a questi quesiti c’è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13440 e l’ordinanza n. 13432 rispettivamente.
Prova di difformità
Secondo la Corte di Cassazione, qualora la dichiarazione dei redditi venga presentata usufruendo del canale telematico, la prova della difformità tra il contenuto del modello trasmesso e quello cartaceo spetta al contribuente.
Il caso riguardava una cartella esattoriale emessa perché il controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi presentata in via telematica tramite CAF con modello UNICO evidenziava l’omesso versamento di imposte quali IRPEF, contributo al s.s.n. e IVA.
Presso il CAF non era stato rinvenuto il modello cartaceo, che quindi non era stato prodotto in giudizio. Modello cartaceo nel quale il contribuente dichiarava di non aver dichiarato gli importi presenti nella cartella di pagamento.
La sentenza ha decretato che l’onere di provare la conformità del contenuto del modulo cartaceo non è l’Amministrazione ma è il contribuente a dover dare prova di difformità, essendo peraltro chiamato a conservare copia del documento anche oltre il termine stabilito per la società o l’ente trasmittente.
Data di invio
Per quanto riguarda il riferimento temporale, la Cassazione chiarisce che in caso di trasmissione telematica a fare fede è proprio la data dell’invio e non quella della ricezione da parte dell’Amministrazione destinataria.
Dunque l’adempimento si ritiene effettuato entro i termini di legge se l’invio avviene entro tale scadenza, indipendentemente dal momento in cui il software dell’Amministrazione lo riceve.