Un’impresa su tre rischia il fallimento entro del 2012. A lanciare l’allarme è uno studio di Unimpresa che è giunta a questa conclusione sulla base della valutazione dei dati relativi alle sofferenze bancarie.
L’analisi del Centro studi dell’organizzazione di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese conferma le allarmanti stime Cerved di maggio e parte dalla considerazione della probabilità di ingresso in sofferenza dell’impresa nell’arco di un anno.
Il quadro che emerge dagli indicatori desunti dai bilanci dell’impresa e dalle segnalazioni delle banche alla Centrale dei rischi è preoccupante. Secondo le statistiche elaborate dal Centro studi di Unimpresa, 8 imprese su 10 andranno a peggiorare performance e salute finanziaria nei 12 mesi successivi al segnale di rischio. Ciò significa che la probabilità di default entro il 2012 è elevata, riguardando quasi 1 impresa su 3.
Il settore più in crisi, in termini di maggior numero di aziende coinvolte, è quello dei servizi (30.134 su 101.257), seguito dal manifatturiero (22.073 su 40.178) e dalle costruzioni (16.129 su 32.402).
Nondimeno, in percentuale, industria ed edilizia stanno peggio degli altri con una azienda su due in sofferenza. Il Mezzogiorno è l’area del paese dove le possibilità di fallimento sono più alte.
“La fase di contenimento del rischio basata su antiche regole impartite nelle direzioni crediti – ha affermato Luigi Scipione, membro del Centro studi e ricerche di Unimpresa – è in realtà per molte imprese l’anticamera del fallimento. Se le condizioni peggiorano e l’impresa comincia a generare sconfinamenti su sconfinamenti, le possibilità di salvezza si riducono drasticamente”.
Per Unimpresa “le sofferenze continuano a crescere a fronte di una limitata capacità delle banche di assorbire il costo del credito attraverso una innovativa strategia di gestione del credito problematico.
Le banche stanno finanziando le imprese con scoperti di conto corrente ancora in modo eccessivo. Per gli istituti di credito si tratta di una forma tecnica vantaggiosa per i tassi applicati (questo è il motivo dell’abbondanza), sebbene assai rischiosa in presenza di una crisi diffusa di liquidità, secondo il monito del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco”.
Il concorso di una politica finanziaria spericolata (troppa leva, credito a breve revocabile) da parte delle imprese, e di una politica creditizia mossa dall’assillo di ridurre la rischiosità a breve, dal lato del sistema creditizio, produce una crescita esponenziale del rischio di fallimento.
Questo è successo nel periodo 2009-2011 e prosegue nel 2012 stando ai dati su fallimenti e sofferenze bancarie diffusi dalla Banca d’Italia.