Tra il 2010 ed il 2015 gli italiani hanno versato all’Erario ben 30 miliardi di euro in più tra tasse, imposte e tributi. È quanto rivela uno studio dell’Ufficio Studi della CGIA Mestre. Si tratta dell’effetto congiunto degli incrementi arrivati nelle casse dello Stato centrale a fronte degli aumenti del +6,3% (+ 22,3 miliardi in termini assoluti) di IRPEF, IRES, IVA e così via, al netto del bonus di 80 euro in busta paga, e di quelle versate per i tributi locali (ICI, IMU, TASI, addizionali IRPEF, IRAP e così via) aumentate del +8,1% (+7,8 miliardi di euro). In parallelo il PIL nominale però non è cresciuto di pari passo (+2,4%).
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Guardando solo al 2015, al netto del Bonus Renzi, i dipendenti italiani con retribuzioni medio basse hanno versato 389 miliardi di euro all’Erario e 104,4 miliardi a Regioni e autonomie locali, per un totale di 493,5 miliardi di euro.
Nonostante in questi anni i Governi non abbiano fatto altro che parlare di riduzione delle tasse, solo l’IRAP ha effettivamente fatto registrare un calo sostanziale tra il 2010 e il 2015(- 3,8 miliardi pari a una variazione del -12 %) tutte le altre, invece, hanno registrato un netto aumento:
- l’addizionale regionale IRPEF è aumentata di 3,1 miliardi di euro (+39%);
- l’addizionale comunale IRPEF è aumentata di quasi 1,5 miliardi (+52 per cento);
- IMU e TASI hanno portato su l’imposizione sugli immobili di +11,6 miliardi pari ad una variazione del +120%.
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I dati emersi dallo studio, secondo il coordinatore dell’Ufficio Studi, Paolo Zabeo, spiegano il perché della mancata crescita registrata in questi ultimi anni:
«Il forte aumento delle tasse ha condizionato negativamente i consumi, soprattutto delle famiglie, e gli investimenti, soffocando i timidi segnali di ripresa che si sono affacciati in questi ultimi anni. Per tali ragioni, tra il 2010 e il 2015 il PIL è cresciuto tre volte in meno della dinamica delle entrate tributarie. Uno scenario che ha provocato un deciso aumento dell’esclusione sociale e del tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani e le donne».
Il segretario della CGIA, Renato Mason, aggiunge:
«Avvicinando i centri di spesa a coloro che usufruiscono direttamente dei servizi, si imporrebbe una maggiore responsabilizzazione dei decisori locali che darebbero sicuramente luogo ad una razionalizzazione della spesa e a una conseguente contrazione del peso fiscale. Per il suo definitivo compimento, però, mancano ancora due tasselli importanti: la piena attuazione dei costi standard nella sanità e negli enti locali. Due misure su cui la politica dovrebbe accelerarne il compimento, per dare il via libera ad un vero cambiamento che riscriverebbe i rapporti tra il Fisco ed i contribuenti».
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