Le auto aziendali all’estero, trasportate per l’utilizzo definitivo in un altro paese UE, non devono pagare l’IVA italiana: lo stabilisce una recente sentenza, che ritene illegittimo il relativo accertamento fiscale. Per la corretta procedura è sufficiente che il destinatario faccia parte della banca dati VIES (Vat Information Exchange System – sistema di scambio informazioni IVA), che il trasporto sia effettuato da una ditta specializzata, la vettura sia cancellata dal PRA (Pubblico Registro Automobilistico) e che l’impresa sia in grado di documentare le diverse fasi del trasporto.
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In linea generale, la normativa di riferimento prevede che l’auto usata di un diverso Stato purché comunitario paghi l’IVA nel paese di immatricolazione. L’auto può risultare immatricolata all’estero anche dopo che la società estera sia eventualmente cessata.
Nel caso in oggetto, in sostanza, i giudici hanno stabilito che il passaggio dell’auto in Dogana, con tutte le procedure che questo comporta, è sufficiente per certificare la natura di auto nuova e la conseguente esenzione IVA (Commissione tributaria regionale della Toscana con sentenza n. 1431/5/15, depositata il 3 settembre 2015).
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In pratica, il passaggio dell’auto all’estero deve aver seguito le procedure relative alle cessioni comunitarie. Se l’impresa non è in grado di documentare il trasporto dell’auto all’estero e la consegna al destinatario comunitario, il Fisco può invece stabilire che non sussitono le condizioni per la non imponibilità IVA, e applicare quindi la tassa sul valore aggiunto.