Il Fisco può contestare fatture false a professionisti e imprese sulla semplice base di scostamenti dagli Studi di settore: in questo caso si inverte l’onere della prova e sarà il contribuente a dover dimostrare di non aver commesso illeciti.
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Lo ha stabilito la sentenza di Cassazione del 17 luglio 2013, numero 17428, relativa a un caso di accertamento fiscale scaturito in una ipotesi di infedele dichiarazione ed irregolare tenuta delle scritture contabili (fatture per operazioni inesistenti).
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Dopo due pronunciamenti favorevoli al contribuente, la Cassazione ha finito per dare ragione all’Agenzia delle Entrate. Per due motivi.
1. Presunzione oggettiva
La Cassazione ha ribadito il «consolidato orientamento» in materia di «fatture per operazioni inestistenti»: se l’Amministrazione contesta «indebite detrazione di IVA e deduzione di costi fatturati, fornendo elementi anche semplicemente presuntivi, purché oggettivi, atti ad asseverare l’emissione di fatture in assoluta assenza di corrispondente prestazione, è onere del contribuente fornire la prova dell’effettiva esistenza delle operazione».
Questo perché, ai sensi dell’articolo 21 del Dpr 633/72, la fattura è sì «documento idoneo a rappresentate operazioni rilevanti ai fini fiscali» ma, «in presenza di elementi seriamente inducenti a ritenere l’insussistenza di corrispondente prestazione commerciale, perde detta idoneità» (Si confronti con la sentenza di Cassazione n.6229/13).
2. Accertamenti da Studi incongrui
La Cassazione conferma il principio per cui «gli accertamenti del reddito di impresa alle persone fisiche, di cui all’art.39, primo comma, lettera d, del Dpr 633/1972, possono essere fondati anche sulle esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore» elaborati ai sensi dell’art.62 bis del Dl 331/1993.
Non solo: «la legittimità dell’utilizzo degli studi di settore sulla produttività media da parte dell’amministrazione per la ricostruzione del reddito ed il loro valore di idonea presunzione comporta l’inversione dell’onere della prova sul contribuente il quale potrà contestare specificamente il dato ed eventualmente offrire la prova contraria».
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