Studi di settore, dopo la sentenza della Cassazione

di Nicola Santangelo

Pubblicato 4 Marzo 2010
Aggiornato 2 Marzo 2012 17:41

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha inferto un duro colpo al già traballante sistema, obsoleti rispetto all'attuale scenario di mercato

Introdotta nel nostro ordinamento da oltre un decennio, la disciplina degli Studi di settore è oggetto di frequenti approfondimenti e innumerevoli discussioni.

Il Fisco la utilizza per individuare situazioni anomale ai fini fiscali rendendo più efficace e calibrata la procedura di accertamento, così focalizzata laddove sussista maggiore probabilità di evasione: Le imprese, a fronte di rilevanti scostamenti dalle risultanze degli Studi di settore, devono presentare la loro plausibile giustificazione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha emesso nei mesi scorsi la sentenza 26635 a conferma che la mancata congruità degli Studi di settore deve essere confrontata con altri elementi idonei a fotografare l’effettiva situazione del contribuente e comunque non è sufficiente a far scattare l’accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Sentenza che ha fatto vacillare non poco l’intera struttura degli Studi di settore. Questo perché, secondo il parere della Corte, gli Studi di settore sono un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente. È bene, quindi, intendere gli Studi di settore semplicemente come un mero indizio di evasione.

Ma come funzionano? Il sistema si basa sulla rilevazione delle relazioni tra variabili contabili e strutturali, in funzione delle caratteristiche territoriali in cui opera l’azienda. A disposizione dei contribuenti, il software Ge.Ri.Co. (GEstione RIcavi e COmpensi) permette di conoscere ricavi e compensi presunti in base agli studi stessi.

A conti fatti, il sistema pensato per privilegiare il contribuente onesto non è piaciuto a commercialisti, Confcommercio e Pmi che si sono viste tassare il reddito sulla base di stime che, a lungo andare e a causa dell’instabilità economica dell ‘ ultimo periodo, risultano logore.

A dire il vero, l’Agenzia delle Entrate nel corso degli anni ha affinato l’analisi, prova ne é il contrasto sempre maggiore all ‘ evasione. Nell’ultimo periodo, infatti, è stata accertata evasione di imposta per 722 milioni, con un incasso di 130 milioni. Risultati nettamente inferiori rispetto agli anni scorsi.

Funziona davvero? Sul sito Web della Sose (cui è affidato il compito di svolgere le attività di costruzione, realizzazione e aggiornamento degli Studi, nonché ogni altra attività di supporto metodologico al Fisco in materia tributaria e di economia di impresa) sono indicate le metodologie per definire un modello in grado di riprodurre la realtà economica delle imprese e delle attività professionali.

L’analisi tiene conto di tutte le variabili che possono caratterizzare l’attività imprenditoriale: mercati di riferimento, processi di produzione, contesto territoriale e utilizzo forza lavoro. A ciascun contribuente viene associato il modello organizzativo che meglio lo rappresenta e ne definisce le caratteristiche d’impresa. Vengono, quindi, determinati i ricavi che, con maggiore probabilità, gli sono assegnabili.

Qualora i ricavi conseguiti e, di conseguenza, dichiarati risultino inferiori, l’impresa potrebbe aver compiuto scelte sbagliate, essere un soggetto debole e poco competitivo o, più semplicemente, essere ancora in fase di avviamento.

È facoltà del contribuente adeguare spontaneamente i propri ricavi a quelli previsti dagli Studi di settore. In caso contrario deve dimostrare di avere agito correttamente giustificando gli scostamenti.

La Sose mette a disposizione del contribuente la propria banca dati per conoscere le condizioni di normalità economica con le quali operano le imprese appartenenti a un settore e limitatamente a un determinato ambito territoriale.

Questo potente strumento offrirà il necessario supporto alle scelte imprenditoriali e quindi autovalutazione aziendale, analisi di mercato e di business. L’imprenditore, infatti, potrà ponderare scelte sulla base delle esperienze dei propri concorrenti come, ad esempio, la previsione di sviluppo di un prodotto in una determinata località e le strategie da adottare.

Gli Studi di settore, però, rappresentano solo degli indici che rivelano una possibile anomalia del comportamento fiscale del contribuente. L’incongruenza dimostrata da Ge.Ri.Co. quindi, in base alla nuova sentenza non può più legittimare l’avvio del procedimento di accertamento.

In definitiva, occorrerà individuare ulteriori elementi e indizi di evasione in grado di rafforzare la presunzione semplice rappresentata dallo scostamento dello Studio di settore. L’eventuale difformità tra ricavi o compensi dichiarati e quelli misurati dagli Studi non potrà far scattare automaticamente nessun tipo di accertamento perché gli Studi sono carenti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Piuttosto, occorrerà esaminare approfonditamente la situazione del contribuente il quale verrà inviato al contraddittorio preventivo per dimostrare l’incapacità dello Studio di settore a rappresentare le proprie condizioni.