Con l’art. 32-bis, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (Decreto Sviluppo), conv. con modif. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 è stata introdotta la formulazione dell’IVA per cassa, applicabile ai soggetti passivi d’imposta con volume d’affari annuo non superiore a 2 milioni di euro valevole sia per l’anno precedente all’adesione che per quello in cui si aderisce al nuovo regime, pena l’obbligatoria esclusione.
Applicazione IVA per cassa
Con la Circolare 18 febbraio 2013, n. 6, Assonime ha spiegato le previsioni di attuazione, le modalità attraverso cui aderire al regime entrando anche nel merito delle C.M. 26 novembre 2012, n. 44/E e 15 febbraio 2013, n. 1/E (vedi in dettaglio). Rilevano ai fini del raggiungimento della soglia di fatturato limite sia le operazioni rientranti nel regime che quelle che si decide di escludere. Inoltre l’Assonime ha puntualizzato che, in seguito all’art. 21, co. 6-bis, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dall’1 gennaio 2013 era necessario fatturare anche le transazioni fuori campo IVA dall’emittente stabilito in Italia relative a operazioni attive diverse da quelle esenti di tipo finanziario/assicurativo nei confronti di un operatore comunitario e le operazioni la cui effettuazione è considerata in territorio extracomunitario.
=> L’IVA nelle PMI: obblighi e sgravi fiscali
L’IVA per cassa non è applicabile nel caso di operazioni attive nei confronti di soggetti che non operano nell’esercizio di imprese, arti o professioni, e cioè i consumatori finali, che possono anche essere l’imprenditore individuale o il professionista che consumano l’acquisto non per attività legate all’impresa o al proprio lavoro. Può essere considerato dirimente, in questi casi, l’indicazione in fattura del codice fiscale e non della partita IVA. Sono anche escluse le operazioni di cui all’art. 6, co. 5, D.P.R. 633/1972 che già beneficiano della dilazione dell’esigibilità dell’Iva legata a particolari categorie di clientela. È anche possibile escludere alcune fatture: in questo caso è necessario apporre sul documento la dicitura “Iva a esigibilità immediata”.
Effetti IVA per cassa
L’effetto dell’adesione al regime dell’IVA per cassa ha come risultato il differimento del pagamento dell’imposta a debito e la detrazione di quella a credito fino al pagamento della fattura a carico del cliente. L’imposta stessa diviene esigibile dopo un anno dall’emissione del documento, tranne nei casi in cui il cliente sia sotto procedura concorsuale, vale a dire fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, non vale quindi il caso in cui il cliente sia assoggettato a procedure esecutive individuali. Assonime ha spiegato che il nuovo regime sottintende l’applicazione di prescrizioni e adempimenti, simili a quelli previsti per le operazioni ex art. 6, co. 5, D.P.R. 633/1972, e legati all’emissione e registrazione delle fatture con esigibilità differita dell’imposta. In particolare, le fatture attive vanno annotate nel registro IVA vendite entro 15 giorni dopo l’emissione, così come quelle ad esigibilità immediata. L’IVA relativa alle operazioni attive deve essere computata per la prima volta nella liquidazione periodica del mese/trimestre nel quale avviene l’incasso del corrispettivo dovuto o il pagamento a seconda del tipo di operazione. Per le operazioni passive, la detrazione dell’imposta deve essere preceduta dall’annotazione nel libro acquisti, nel quale devono essere evidenziate le operazioni effettuate all’interno del regime Iva per cassa. Alternativamente è possibile tenere appositi registri sezionali per le fatture ad esigibilità differita.
=> Avvio impresa con regime IVA per cassa
Cessione del credito
La Circolare Assonime spiega anche che, nel caso in cui il contribuente che abbia aderito al nuovo regime ceda il credito derivante da una fattura non ancora saldata, sia nel caso in cui sia una cessione pro soluto o pro solvendo, il trasferimento della titolarità del credito non rappresenta un momento rilevante per l’esigibilità dell’imposta. Ciò perché il prezzo di cessione del credito non riguarda il pagamento del corrispettivo della fattura, che non è ancora stata saldata. Sarà quindi necessario che il cessionario del credito comunichi in maniera repentina al cedente l’incasso della fattura. È comunque possibile che il cessionario che abbia emesso la fattura decida di anticipare il versamento dell’imposta già al momento di cessione del credito, evitando l’obbligo di comunicazione e, in caso di errore della liquidazione Iva, sobbarcarsi delle sanzioni da parte dell’amministrazione finanziaria. Se la fattura di un contribuente che abbia optato per il regime di IVA per cassa, continua Assonime, viene saldata attraverso un mezzo diverso dal denaro contante, ha rilevanza la data in cui il denaro è disponibile sul conto, e non la comunicazione formale, da parte della banca o di altro soggetto, dell’avvenuto pagamento. In caso di cessazione dell’attività, il contribuente deve pagare l’imposta su tutte le fatture sulle quali vale il regime di sospensione ex art. 32-bis, D.L. 83/2012.