Dal primo gennaio 2013, per andare in pensione bisogna lavorare di più, mentre l’assegno previdenziale si abbassa: è infatti entrato in vigore l’agganciamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita previsto dalla Riforma delle Pensioni Monti – Fornero.
Sono cambiati anche i coefficienti di trasformazione, sui quali calcolare l’importo della pensione, anch’essi rimodulati in base all’allungamento dell’aspettativa di vita: tre mesi in più di lavoro e un assegno più basso di circa il -3%. Se paragonassimo l’importo della pensione a quello di un lavoratore di pari età (per esempio 65 anni) andato in pensione nel ’95, la differenza arriverebbe addirittura al 10% o anche 11%.
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Pensione di vecchiaia
A partire dal 2013 l’età pensionabile viene agganciata alle aspettative di vita e aumenta di tre mesi. Queste le nuove soglie per la pensione di vecchiaia:
- donne dipendenti nel privato: 62 anni e tre mesi;
- lavoratrici autonome: 63 anni e 9 mesi;
- donne dipendenti nel pubblico: 66 anni e tre mesi;
- uomini dipendenti o autonomi: 66 anni e tre mesi.
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Pensione di anzianità
Ecco invece cosa succede a chi va in pensione di anzianità (qui ai tre mesi dell’adeguamento bisogna aggiungere un ulteriore mese previsto dalla Riforma delle pensioni):
- donne: 41 anni e cinque mesi di contributi (nel 2012 bastavano 42 anni e un mese)
- uomini: 42 anni e cinque mesi (contro i 42 e un mese del 2012).
Nel 2014 scatterà un ulteriore mese, quindi si passerà a 41 anni e sei mesi per le donne e 42 anni e sei mesi per gli uomini
Per tutte le pensioni, l’adeguamento alle speranze di vita (i tre mesi in più) vale tre anni, quindi fino al 2015. Continuerà a essere triennale fino al 2019, quando diventerà biennale. Si arriva a un’età minima di 67 anni nel 2021.
Quanto all’età massima consentita per andare in pensione, anch’essa si adegua alle speranze di vita, per cui passa a 70 anni e tre mesi nel 2013 (e secondo le stime della Ragioneria dello Stato arriverà a 75 anni e 3 mesi nel 2065).
Pensione anticipata
Per chi pur nel rispetto dei limiti contributivi si ritira prima dei 62 anni, la pensione viene decurtata dell’1% per ogni anno di anticipo (rispetto alla soglia di 62 anni) per i primi due anni, e del 2% per ogni anno successivo. Quindi:
- taglio dell’1% per chi si ritira un anno prima (a 61 anni);
- del 2% per chi va in pensione due anni prima (60 anni);
- 4% per chi va in pensione tre anni prima (59 anni);
- 6% per chi si ritira quattro anni prima (58 anni).
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Nuove pensioni: esempi di calcolo
E veniamo all’altro punto fondamentale, ovvero il ridimensionamento dell’importo dell’assegno. I nuovi coefficienti (stabiliti dal decreto ministeriale del 15 maggio 2012 e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 24 maggio 2012) sostituiscono quelli che erano in vigore dal 2010 e sono validi dal primo gennaio 2013 al 31 dicembre 2015.
Il calcolo è complicato, perché il coefficiente dipende dall‘età in cui si va in pensione. Facciamo dei casi concreti.
Esempio: un lavoratore che ha preso in media 20mila euro lordi per 40 anni (montante accumulato, 250mila euro) e va in pensione a 65 anni: se si è ritirato fra il 1010-2012, con il coefficiente al 4,42%, ha preso un assegno di 14mila 50 euro all’anno.
Se va in pensione dal primo gennaio 2013 prenderà 13mila 600 euro, ovvero 450 euro in meno rispetto al 2012 e addirittura 1740 euro in meno rispetto a un collega pensionato dal ’95. Ovviamente questi calcoli non riguardano chi è già in pensione, che continua a prendere il suo assegno con gli importi calcolati secondo la normativa previgente.
Un 67enne, invece, che si ritira nel 2013, perde 550 euro rispetto a un collega andato in pensione alla stessa età nel triennio precedente (e addirittura oltre 2mila euro rispetto a un coetaneo che si è ritirato nel ’95).
Un 70enne, perde ben 750 euro rispetto al 2010 e 2milioni e 600 euro abbondanti sul ’95.
Vediamo con precisione questi calcoli nella seguente tabella, completa dell’importo di queste pensioni (prevede sempre un montante accumulato pari a 250mila euro, il 33% di 20mila euro lordi per 40 anni):
Pensioni dal 2013
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Fonte: Epheso
Tutti i nuovi coefficienti
Per fare analoghi calcoli anche sulle altre età pensionabili, ecco una tabella completa dei nuovi coefficienti:
Coefficienti di conversione rendita
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Fonte: Epheso su stime ISTAT
Come si vede, a parità di età si è sempre penalizzati, mentre il meccanismo premia chi resta nel mondo del lavoro più a lungo: il coefficiente di un lavoratore che sceglie di ritirarsi a 67 anni, è più alto di quello relativo a un collega che andava in pensione a 65 anni fra il 2010 e il 2012.
Da notare che i coefficienti relativi al 2012 per le età superiori ai 66 anni nel caso delle pensioni INPS erano gli stessi previsti per i 65 anni, perché è la prima volta che l’INPS prevede coefficienti sopra questa età, già previsti invece da altri istituti previdenziali.
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Ricordiamo infine che i coefficienti si applicano solo alla parte contributiva, che la riforma delle Pensioni prevede si applichi a tutti per la parte maturata dal primo gennaio 2012. Ognuno deve quindi fare i calcoli in base al modo in cui viene calcolata la sua pensione.
Infine, con la Circolare INPS n. 149 sono stati comunicati i nuovi criteri e modalità di rivalutazione delle pensioni per l’anno appena iniziato:
=>Leggi le nuove regole 2013 per la pensione di anzianità e invalidità