Condoni fiscali vietati nei Comuni

di Francesca Vinciarelli

3 Gennaio 2018 10:52

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La Legge vieta i condoni fiscali deliberati dai Comuni per tributi propri, in caso di omissioni successive al 2002: ecco le interpretazioni di Cassazione, Corte dei Conti e Ministero delle Finanze.

I Comuni non sono autorizzati a deliberare condoni fiscali sui tributi propri, perché non rientra nelle loro competenze. Eppure capita che alcuni Enti locali lo facciano, interpretando erroneamente l’art. 13 della Legge n. 289/2002. Vediamo perchè l’applicazione del condono è soggetta a vincoli temporali, proprio in base alla norma.

Riduzione tasse e imposte

La legge in questione prevede in teoria che: “con riferimento ai tributi propri, Regioni,  Province e Comuni possano stabilire – con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi – la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun Ente (non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto), i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.

Obblighi pre 2002

La norma, però, permette di applicare i condoni fiscali solo agli obblighi tributari omessi prima del 2002 e non successivamente. Una interpretazione confermata anche dalla Giurisprudenza. In diverse sentenze la Corte di Cassazione ha infatti dichiarato illegittimi i condoni fiscali deliberati dagli Enti locali se riferiti ad adempimenti fiscali relativi ad annualità successive al 2002, quindi dopo l’entrata in vigore della Legge 289/2002 (1 gennaio 2003).

Sentenze

La Corte di Cassazione ha più volte sottolineato che l’art. 13 della suddetta legge attribuiva agli Enti locali una “potestà oggettivamente limitata” all’arco temporale e al condono fiscale previsto, ogni altro condono fiscale disposto dai Comuni al di fuori di questo limite è da ritenersi illegittimo.

La Corte dei Conti ha inoltre precisato (SS.RR. Sicilia n. 6/2007) che la norma deve essere oggetto di una “stretta interpretazione, considerato che l’istituzione di meccanismi di definizione agevolata relativamente ad obblighi tributari rimasti totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento giuridico. Ad avviso della sezione, la definizione agevolata dei tributi propri delle Regioni e degli Enti locali può avvenire soltanto con riferimento a periodi d’imposta antecedenti all’1.1.2003, data di entrata in vigore della L. 289/2002, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale indefinito”.

Sul tema si è espresso anche il Ministero delle Finanze, dopo la richiesta di chiarimenti avanzata da alcuni Comuni, affermando che “sul punto non si è formato un orientamento giurisprudenziale consolidato e, pertanto, (il Ministero) non ritiene opportuno mutare il precedente parere espresso in varie note, tra le quali la n. 2195/2004. (…) Occorre, infine, sottolineare che l’avviso espresso da questa direzione non può essere considerato come preclusivo di eventuali contestazioni o impugnative di un regolamento in materia di condono, la cui emanazione è comunque rimessa al prudente apprezzamento di codesto Ente”.

In conclusione, nell’aderire ad un condono fiscale concesso da un Comune bisogna prestare particolare attenzione ad eventuali richiami all’articolo 13 della Legge 289/2002 perché si rischia di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo.