I redditi di impresa sono da considerare come “prodotti all’estero” se derivano da attività esercitate oltre frontiera attraverso una stabile organizzazione: è uno dei tanti chiarimenti contenuti nella circolare 9/E 2015 dell’Agenzia delle Entrate relativa alla corretta tassazione dei redditi all’estero, in base all‘articolo 165 del TUIR, il testo unico delle imposte sui redditi. Vediamone i tratti principali con particolare riferimento alle imprese. La norma prevede che sui redditi all’estero si applichi il credito d’imposta.
In pratica, il contribuente che ha versato imposte sui redditi in uno Stato estero, nel caso in cui queste siano inferiori alle tasse che avrebbe pagato in Italia deve versare all’Erario la differenza. Se invece ha pagato di più, non ha diritto alla restituzione, perché il credito d’imposta compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero. Bisogna tener presente che le asimmetrie fra imposta italiana ed estera possono essere determinate, oltre che dalle diverse aliquote, da differenti criteri di imputazione a periodo, o di quantificazione dell’ammontare del reddito. L’Agenzia delle Entrate ricorda che la legge 80/2003 di delega fiscale ha introdotto una serie di modifiche all’articolo 165 del TUIR, cos’ sintetizzabili:
- cambia il calcolo della quota d’imposta italiana riferita ai redditi all’estero, assumendo al denominatore il reddito complessivo “al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”;
- la definizione di “reddito prodotto all’estero” fa riferimento a un lettura “a specchio” dell’articolo 23 del TUIR (che stabilisce quali sono i criteri di applicazione dell’imposta ai non residenti);
- il meccanismo del riporto in avanti e indietro delle eccedenze di imposta sia italiana che estera (applicabile ai titolari di reddito d’impresa), è modificato con l’obiettivo di non lasciare inutilizzato l’eventuale credito non fruito in un determinato periodo d’imposta;
- il credito si riduce in misura proporzionale nei casi di parziale concorrenza del reddito estero all’imponibile del residente;
- si fa riferimento agli istituti del consolidato e della trasparenza fiscale.
=> Speciale dichiarazione dei redditi 2015
Redditi all’estero
Il problema si pone quando un reddito è prodotto all’estero da un’impresa italiana che non ha stabile organizzazione, e viceversa per un reddito prodotto in Italia da un’impresa estera senza stabile organizzazione. Molto sinteticamente, in entrambi i casi questi redditi vanno considerati autonomamente, prendendo a riferimento il sopra citato articolo 23 del TUIR. Quindi, per il caso dell’impresa italiana che ha prodotto un reddito all’estero in un paese in cui non ha stabile organizzazione, può considerare i vari elementi di reddito, presi singolarmente, come prodotti all’estero, con il conseguente riconoscimento del credito di imposta per le tasse pagate.
Un altro problema riguarda imprese residenti in Italia che producono all’estero reddito non compresi fra quelli elencati nell’articolo 23 del TUIR: è il caso, ad esempio, dei redditi di natura commerciale, non quantificabili come redditi d’impresa in assenza di stabile organizzazione. In questo caso, il reddito non si considera prodotto all’estero, e le imposte pagate non possono quindi essere detraibili. Rappresenta un’eccezione il caso in cui ci sia una specifica convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e stato estero. Infine, può essere invece possibile considerare questi redditi come componenti negative deducibili in quanto costi inerenti l’attività d’impresa.
Ci sono poi alcuni redditi, come quelli da capitale, o redditi diversi, che se riguardano un soggetto non residente in Italia non sono soggetti a tassazione nazionale. Però, specifica l’Agenzia delle Entrate, nel caso opposto (ovvero se questi stessi redditi sono prodotti da un soggetto italiano in un paese estero), resta il diritto al credito d’imposta.
Imposta estera e credito d’imposta
Per applicare il credito d’imposta, il reddito prodotto all’estero deve concorrere alla formazione del reddito complessivo: sono esclusi, quindi, i redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione. Tendenzialmente, il credito si applica ai tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o in
tributi con natura similare.
La detrazione è applicabile quando l’imposta estera è pagata a titolo definitivo (non, ad esempio, per un acconto, e quando c’è un contenzioso pendente). Ai fini della verifica del credito, il contribuente è comunque tenuto a conservare i seguenti documenti:
- prospetto con l’indicazione, separatamente Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi all’estero, delle imposte pagate in via definitiva, la misura del credito spettante;
- copia della dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero, se prevista;
- ricevuta di versamento delle imposte pagate nel Paese estero;
- eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera;
- eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita nella dichiarazione dei redditi.
Alcune delle convenzioni stipulate dall’Italia, ad esempio con Brasile e Argentina, prevedono un credito d’imposta figurativo (matching credit) a fronte di imposte non effettivamengte pagate (la misura serve a mantenere gli incentivi fiscali previsti da questi paesi senza svantaggiarli). La detrazione del credito figurativo segue le stesse regolae del credito d’imposta ordinario, la richiesta va presentata in sede di liquidazione IRES o IRPEF.
Calcolo del credito d’imposta
La formula è la seguente: si detrae dall’imposta dovuta netta dovuta in Italia la quota corrispondente al rapporto fra reddito estero e reddito complessivo al netto delle perdite dei precedenti periodo di imposta ammesse in diminuzione.
La detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione.
Il credito per le imposte estere che vengono pagate in modo frazionato nello stato estero e si rendono quindi definitive in periodi successivi a quello in cui il reddito estero ha concorso all’imponibile, si calcola al netto di quanto già fruito nelle precedenti dichiarazioni e tenendo conto che la detrazione complessiva non potrà eccedere l’imposta netta dovuta nel periodo nel quale il reddito estero ha concorso all’imponibile. In pratica il credito si utilizza quando l’imposta estera diventa definitiva.
Nel caso di redditi esteri prodotti in diversi stati, la detrazione si effettua separatamente per ciascuno stato. Altro caso: se il reddito estero concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo, l’imposta estera detraibile va ridotta in misura corrispondente.
Disposizioni specifiche per imprese
Per il reddito prodotto all’estero, mediante stabile organizzazioneo o da controllate, da imprese in regime di consolidato mondiale, la detrazione si calcola dal periodo di competenza, anche se il pagamento definitivo della tassa avviene entro il termine di presentazione del primo periodo successivo. In questo caso, bisogna indicare in dichiarazione le imposte estere detratte per le quali non è ancora avvenuto il pagamento definitivo.
Altra agevolazione: per il reddito d’impresa prodotto da imprese residenti nello stesso paese estero, si può calcolare come credito d’imposta la tassa pagata anche in eccesso rispetto all’imposizione italiana, fino a concorrenza di un eventuale eccedenza italiana rispetto al medesimo reddito prodotto all’estero negli otto esercizi precedenti. Tecnicamente, si applicano i cosiddetti carry back e carry forward, ovvero riporto all’indietro o in avanti delle eccedenze. (Fonte: la circolare 9/E dell’Agenzia delle Entrate).