In caso di omessi versamenti tributari nei termini di legge (quelli previsti per la presentazione della dichiarazione annuale modello 770) l’imprenditore è punibile per evasione fiscale anche in caso di crisi economica e di liquidità, lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sentenza n. 52038/2014. Nel caso in esame a nulla è valsa la giustificazione dell’imprenditore di avere privilegiato l’erogazione delle retribuzioni ai dipendenti, convinto che le ritenute non pagate fossero di importo inferiore alla soglia di punibilità.
=> Omesso versamento ritenute: crisi e assenza di dolo
La crisi di liquidità causata da uno shock finanziario non è bastata ad integrare la causa di non punibilità della forza maggiore. In generale il privilegiare il pagamento delle retribuzioni, l’aver dovuto pagare i debiti ai fornitori o la mancata riscossione di crediti vantati e documentati sono situazioni, anche se dimostrabili, idonee a integrare lo stato di necessità e ad escludere il dolo. In sostanza ogni volta che il sostituto d’imposta eroga emolumenti ai collaboratori ha l’obbligo di accantonare le somme dovute all’Erario per adempiere correttamente all’obbligazione tributaria.
=> Omissione IVA e contributi: quando non è reato
Il reato commesso dal datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, è quello previsto dall’articolo 10-bis del Dlgs n. 74/2000. Dunque la Corte d’appello ha condannato l’imprenditore a versare le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai dipendenti per una somma integrante la soglia di punibilità, confermando la pronuncia del Tribunale. Ricordiamo che l’articolo 10-bis del Dlgs 74/2000 per l’omesso versamento delle ritenute prevede una sanzione penale in relazione al mancato versamento delle ritenute entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale, a patto che venga raggiunta la soglia di omissione di 50mila euro e si tratti di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti d’imposta.