Federalismo all’italiana: più tasse e adempimenti

di Barbara Weisz

Pubblicato 28 Agosto 2014
Aggiornato 29 Agosto 2014 07:02

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Il decentramento amministrativo e fiscale in Italia è stato un fallimento: dal '97 a oggi boom di tasse locali e burocrazia.

L’Italia è riuscita nella poco invidiabile impresa di rendere il federalismo un sistema più complesso e costoso di quello centrale, di parecchio: dal 1997 (anno di entrata in vigore della Legge Bassanini sul decentramento amministrativo) ad oggi, le tasse locali sono salite (per non dire esplose) del 190,9%, come calcolato dalla Cgia di Mestre, il cui segretario Giuseppe Bortolussi commenta senza mezzi termini:

«nonostante gli sforzi e l’impegno profuso, possiamo dire che, allo stato attuale, il federalismo all’italiana abbia fallito». Il confronto con i partner europei è impietoso: «mentre nei Paesi federali consolidati come Spagna, Germania e Austria, il costo complessivo della macchina pubblica è circa la metà dei Paesi unitari, da noi, che siamo ancora a metà del guado, le uscite sono in costante crescita e hanno spinto all’insù anche le entrate». Risultato: «abbiamo continuato a spendere sempre di più, sia al Centro sia in Periferia, e per far quadrare i conti siamo stati costretti a subire un progressivo aumento del prelievo fiscale».

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I dati precisi: da fine 1997 a dicembre 2014 le tasse segnano un aumento del 52,7%. In termini assoluti, i contribuenti hanno sborsato circa 241 miliardi di euro in più. E comunque il gettito non riesce a coprire la spesa pubblica di 295,9 miliardi (+68,7%). Particolarmente rilevante il confronto fra andamento delle tasse locali e centrali:+190,9% contro +42,4%. In parole semplici, il federalismo lungi dallo spostare la tassazione dal centro alla periferia, con i relativi benefici in termini di efficienza, ha prorocato un aumento del prelievo a tutti i livelli.

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«L’introduzione di alcune tasse locali come l’ICI, l’IRAP, le addizionali comunali e regionali IRPEF, ha fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali», come la sanità, il trasporto pubblico, i servizi sociali. Il problema è che non c’è stato «un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi, la situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurre progressivamente i trasferimenti, creando non pochi problemi di bilancio a molte Autonomie locali, che a loro volta si sono difese, in taluni casi in maniera eccessiva, facendo leva sulle nuove imposte locali introdotte dal legislatore. Insomma, né lo Stato né le Regioni e gli enti locali sono riusciti a frenare la spesa, continuando invece ad agire sulla leva fiscale, penalizzando soprattutto le famiglie e le imprese».

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Nuove tasse

Guardando la serie storica dell’andamento della tasse locali, si nota che dopo essere costantemente salire nel primo decennio di federalismo (1997 – 2007), avevano iniziato a scendere segnando -1,4% nel 2008 e -10,2% nel 2009 grazie alla riduzione e poi eliminazione ICI prima casa (Governo Prodi e Berlusconi nel 2007 e 2008, con effetti 2008-2009). Nei due anni successivi sono evidentemente aumentate altre tasse locali, perché si è verificato un aumento medio superiore al 3%. Poi l’impennata 2012, primo anno di applicazione IMU: +7,5% sull’anno precedente, gettito oltre i 106mila euro. Nel 2013 nuova discesa (sospensione IMU prima casa), mentre nel 2014 con la TASI-IMU, le imposte locali sono tornare in crescita a +1,2%.

Burocrazia

Il tutto, lungi dal comportare semplificazioni, ha complicato la vita al contribuente, visto che alle tasse nazionali (IRPEF, IRES, IVA, accise, imposte di registro, ipotecaria e catastale, donazioni e successioni) si aggiungono le (molte) scadenze con il Fisco regionale (IRAP, addizionale IRPEF, bollo auto, addizionale accisa gas, concessioni regionali, diritto allo studio universitario), provinciale (imposta su RC auto, trascrizione autoveicoli, addizionale sui consumi di elettricità, tributo per la tutela dell’ambiente) e comunale (ICI / IMU, TASI, imposta sui rifiuti, addizionale comunale IRPEF, tassa occupazione spazi pubblici, pubblicità e pubbliche affissioni, addizionale consumo elettricità delle abitazioni).