Con sentenza 12 febbraio 2014, n. 6635, la Terza Sezione Penale della Cassazione ha analizzato il caso di sequestro preventivo di beni per la successiva confisca a seguito di omesso versamento IVA, confermando il principio di corrispondenza rispetto a quanto riscosso attraverso accordi con l’Agenzia delle Entrate o pagato attraverso pignoramenti verso terzi. Nel caso in oggetto, il contribuente aveva rateizzato parte del debito, estinto però solo tramite ulteriore pignoramento e compensazione. Per questo, il Tribunale aveva negato la riduzione del sequestro perché il pagamento parziale non cancella l’indebito vantaggio economico, estinto solo al pagamento dell’intero debito.
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Confisca e pagamento
Nella pronuncia, la Cassazione ha sottolineato che, se da un lato l’accordo di rateizzazione non comporta la decadenza dei motivi per cui è stato effettuato, dall’altro il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ne permette la riduzione proporzionalmente alla somma pagata. L’accordo, quindi, non produce effetti solo dal punto di vista amministrativo ma anche penale, poiché incide sul quantum della somma sequestrata rispetto al profitto ottenuto attraverso il mancato pagamento dell’imposta. Per questo il pagamento delle rate consente la riduzione del debito e pertanto permette la riduzione della misura cautelare per la medesima parte.
Sistema penale e fiscale
La questione è stata dibattuta a lungo: con Sentenza 13 marzo 2013, n. 11836, la Suprema Corte aveva escluso la rilevanza di negoziazioni ribadendo che il sistema penale tributario e fiscale hanno una operatività differente dal punto di vista sanzionatorio e che, come rilevato dalla Sentenza della Cassazione Quinta Sezione 10 novembre 2011, n. 1843:
“il profitto confiscabile in materia di reati tributari è rappresentato da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione dell’illecito e può dunque consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all’accertamento del debito tributario”.
Sanzione e confisca
A causa della distinzione tra i due ambiti, il pagamento delle imposte è sì una circostanza attenuante, ma non causa di estinzione della colpa. Quindi, se è vero che ne va tenuto conto al momento della determinazione del quantum da assoggettare a confisca (scorporando la parte di imposte versate in seguito ad accordo), non si estingue comunque il reato (la confisca si può annullare solo se le somme sono state interamente restituite). Lo stabilisce la Sentenza 22 novembre 2013, n. 46727: la revoca del sequestro preventivo può avvenire solo quando il contribuente ha saldato il proprio debito con l’Erario.
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Il pronunciamento ha dunque in parte ribaltato quanto prima affermato dalla sezione penale, Sentenza 8 novembre 2013, n. 45189, secondo cui in seguito al pagamento dell’imposta evasa verrebbe esclusa la funzione sanzionatoria della confisca (venendo meno la situazione di indebito arricchimento legato alla commissione del reato e al riutilizzo delle somme sottratte all’Erario).