Soggetti IVA esclusi, adempimenti, rimborsi: l’Agenzia delle Entrate fissa le regole applicative delle novità in materia di split payment introdotte dalla manovra bis (legge 70/2017), che di fatto ha ampliato il numero delle società pubbliche verso cui si applica la scissione dei pagamenti (ad esempio, alle controllate della PA), e lo ha reso obbligatorio anche per i professionisti. Si completa così l’iter applicativo della norma, su cui già erano intervenute le direttive ministeriali.
La nuova disciplina sullo split payment, per cui il fornitore non incassa più l’IVA segnata in fattura, che la PA versa direttamente allo Stato, si applica alle fatture emesse dallo scorso primo luglio 2017.
=> Split payment, le regole da luglio
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo, lo split payment si applica a tutte le società pubbliche destinatarie di fatturazione elettronica (enti statali e locali, autorità indipendenti, amministrazione autonome), alle controllate dalla PA centrale e locale, e alle società quotate nell’indice FTSE MIB di Borsa Italiana. Le società possono controllate sia direttamente sia indirettamente.
Gli elenchi delle società controllate e delle blue chips sono pubblicati sul sito del ministero delle Finanze. Attenzione: in virtù della pubblicazione di questi elenchi, non è più necessaria l’attestazione sul’appartenenza a una categoria coinvolta nell’obbligo di split payment.
=> Split payment: elenco aggiornato dei destinatari
Sono esclusi dallo split payment gli:
«enti pubblici gestori di demanio collettivo, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico».
Sul fronte dell’ambito oggettivo, la più grossa novità consiste nell’estensione alle fatture dei lavoratori autonomi e dei professionisti verso tutti gli enti della PA coinvolti nell’obbligo di split payment. Restano escluse:
- operazioni soggette a reverse charge, in cui quindi l’imposta è dovuta dal committente;
- operazioni soggette a regimi IVA speciali;
- operazioni esonerate dall’obbligo di certificazione fiscale, con corrispettivi annotati negli appositi registri;
- cessioni all’esportazioni non imponibili;
- operazioni in cui la PA non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore, che lo trattiene da un importo a lui spettante.
- operazioni in cui il fornitore ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli, in forza di un provvedimento giudiziale (perle prestazioni rese dal professionista delegato dall’Autorità Giudiziaria alla procedura di esecuzione immobiliare),
- compensazioni fra contrapposti rapporti di credito fra pa e impresa entrambe soggette a scissione dei pagamenti;
- operazioni permutative;
- operazioni rese in favore dei dipendenti, con fattura intestata a questi ultimi.
=> Split payment: operazioni escluse
La fattura in regime di split payment va emessa con l’annotazione scissione dei pagamenti ai sensi dell’articolo 17-ter del DPR 633/1972. Il fornitore non computa nella liquidazione di periodo l’IVA a debito indicata in fattura, ma segna nel registro “IVA vendite” le operazioni effettuate e la relativa IVA non incassata, annotando in modo distinto la fattura emessa in regime di scissione contabile e riportando l’aliquota applicata e l’ammontare dell’imposta.
C’è una novità sull’esigibilità dell’imposta, che il contribuente può anticipare al momento di registrazione della fattura (prima rilevava sempre il pagamento del corrispettivo). Si tratta di una scelta del contribuente, che può essere effettuata per ciascuna singola fattura, senza bsogno di comunicazioni (conta il comportamento concludente).
Il versamento va effettuato entro il 16 del mese successivo a quello di esigibilità dell’imposta, utilizzando il modello F24. Sono le stesse modalità già precedentemente applicate per lo split payment. C’è una novità che riguarda gli acquisti effettuati dalla PA o dalla società soggetta a split payment nell’esercizio di attività commerciali (diverse da quelle istituzionali). In questo caso, la PA può scegliere fra la modalità sopra descritta e l’annotazione delle fatture di acquisto nel registro entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile. Per le fatture con esigibilità fra il 1° luglio 2017 e il 30 novembre 2017, il versamento dell’imposta va effettuato entro il 18 dicembre 2017.
Lo split payment si applica anche a eventuali note di variazione in aumento, mentre se la nota è in diminuzione, e si riferisce a un’operazione fatturata prima del luglio 2017, l’IVA viene versata con il metodo ordinario. Anche in quest’ultimo caso, si può scegliere di applicare lo split payment (se il sistema è per esempio definitivamente impostato in questo senso).
Per quanto riguarda il calcolo dell’acconto IVA, quale che sia il metodo utilizzato dal contribuente (storico, previsionale, effettivo), bisogna tener conto anche delle fatture emesse con scissione dei pagamenti. Quindi, le società che pagano l’IVA con metodo storico, dovranno fare un ulteriore versamento di acconto, nel novembre 2017 oppure, in caso di IVA trimestrale con il versamento del terzo trimestre 2017.
C’è un’agevolazione che compensa il meccanismo dei rimborsi IVA, per cui il contribuente può chiedere, in tutto o in parte, nella dichiarazione IVA annuale o nell’istanza trimestrale, il rimborso dell’eccedenza detraibile (se di importo superiore a 2.582,28 euro), calcolando le operazioni effettuate in regime di split payment tra le operazioni cosiddette ad aliquota zero. Infine, niente sanzioni per gli errori commessi in sede di prima applicazione, fino all’emanazione della circolare, a condizione che l’imposta sia stata pagata.
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