Equitalia bis: riscossione e pignoramenti mirati

di Barbara Weisz

Pubblicato 8 Giugno 2017
Aggiornato 9 Aprile 2018 10:13

Riscossione da Equitalia all'Agenzia delle Entrate: stesse procedure esecutive di pignoramento, poteri di controllo rafforzati: regole ed espropri dal primo luglio 2017.

Le procedure di pignoramento non sono cambiate e la Riforma prevista dal dl 193/2016 a regime da luglio 2017, con il passaggio della riscossione da Equitalia all’Agenzia delle Entrate, non comporta novità sul fronte procedure esecutive e pignoramento presso terzi, compreso il conto corrente, senza passare dall’autorità giudiziaria. Lo ha chiarito la stessa Equitalia a seguito di esternazioni politiche rilanciate dalla stampa.

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Pignoramento: regole in vigore

Il pignoramento, specifica l’agente della riscossione, resta regolato dal dl 203/2005, che ha introdotto l’articolo 72 bis del DPR 602/1973, in base al quale è prevista l’azione diretta sui crediti del debitore detenuti da terzi (comprese le eventuali somme sul conto corrente). Tuttavia è previsto l’intervento dell’Autorità giudiziaria se il terzo pignorato o il contribuente abbiano elementi validi per contestare l’azione dell’Agente della riscossione. Le azioni esecutive vengono comunque messe in pratica solo al termine di un lungo iter con il contribuente che non ha dato seguito agli atti notificati (cartella di pagamento, solleciti di pagamento, avvisi di intimazione). Ad ogni modo, per legge esistono una serie di paletti che riguardano stipendio e compensi da lavoro.

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Limiti al pignormanento

Non si può mai pignorare la prima casa mentre esistono specifiche soglie di reddito relative agli stipendi: non oltre un decimo per retribuzioni o pensioni fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per importi da 2.501 a 5mila euro, mentre oltre i 5mila euro il pignoramento massimo è di un quinto. Il conto corrente sul quale viene versato lo stipendio è pignorabile solo nella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale.

Per quanto riguarda la pensione, è impignorabile il minimo vitale, ossia una somma pari all’assegno sociale aumentato di un mezzo: la parte in eccedenza rispetto a questa cifra può essere pignorata secondo le regole generali (fino a non oltre un decimo per debiti fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per debiti da 2.501 a 5 mila euro; oltre 5mila euro il pignoramento massimo è di un quinto). L’interazione delle banche dati introdotta dal dl 193/2016, segnala l’Agente della riscossione:

«va nella direzione di poter migliorare l’attività di riscossione che non si muoverà più ‘a fari spenti’ relativamente  alle  azioni  esecutive  ma  soprattutto  di  limitare  al  minimo, grazie ad informazioni più puntuali, l’impatto sul debitore e sulle  sue  attività professionali».

Una linea, dunque, che proseguirà anche dopo l’entrata a regime della riforma in base alla quale i poteri della riscossione dal primo luglio passano direttamente all’Agenzia delle Entrate.

I timori espressi riguardano il fatto che il nuovo organismo di riscossione, interno all’Agenzia delle Entrate, avrà poteri di riscossione rafforzati (in termini efficacia delle procedure) e più informazioni a disposizione, grazie all’accesso a tutte le banche dati del Fisco (anagrafe rapporti finanziari, anagrafe tributaria, INPS).