Esteso di un anno (fino al 2020) il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, raddoppiando (al 50%) l’aliquota per tutte le tipologie di spesa e incrementando (a 20 milioni di euro dai precedenti 5) il massimale a cui si può applicare il bonus, esteso anche alle imprese residenti che svolgono attività di R&S per conto di committenti non residenti: tutte queste novità, introdotte dalla Legge di Bilancio 2017, sono analizzate nella circolare applicativa 13/E dell’Agenzia delle Entrate, che contiene chiarimenti, esempi di calcolo e risposte alle domande più frequenti (FAQ).
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Il beneficio si applica agli investimenti in ricerca e sviluppo effettuati a partire dal periodo d’imposta 2014: era previsto fino al 2019, mentre la Legge di Stabilità (comma 15, legge 232/2016) lo ha prolungato fino al periodo d’imposta 2020. Di conseguenza, i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare possono avvalersi del credito d’imposta anche per gli investimenti effettuati nel 2020, diversamente si potrà utilizzare per le spese effettuate nel 2020-2021.
L’aliquota al 50% si applica all’eccedenza degli investimenti effettuati rispetto alla media di quelli dei tre anni precedenti al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015. E riguarda tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo: è quindi superata la precedente differenziazione fra investimenti agevolati al 25 e al 50%.
Attenzione: per le spese sostenute nei periodi d’imposta 2014 e 2015 continuano ad applicarsi le precedenti regole (aliquota al 25%, che sale al 50% limitatamente alle spese per personale altamente qualificato e per i contratti di ricerca extra-muros), mentre per i periodi d’imposta successivi si applica l’aliquota al 50% a tutte le tipologie di investimenti.
Stesso discorso per i massimali: la legge di Stabilità ha portato il tetto agevolabile a 20 milioni di euro. Il precedente limite di 5 milioni continua ad applicarsi agli investimenti 2014 e 2015, mentre per quelli successivi l’agevolazione sale. Resta invece a 30mila euro l’importo minimo di investimenti richiesti per poter applicare l’agevolazione.
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Come detto, il beneficio è esteso anche alle imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese estere. In questo caso, non rileva (ai fini dell’applicazione del credito d’imposta) il corrispettivo pattuito con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa sostenute per gli investimenti ammissibili, nell’anno in cui sono state sostenute, e non in quelli di completamente della commessa. Il commissionario può anche essere una società dello stesso gruppo (ad esempio, si può applicare l’agevolazione nel caso di una capogruppo estera che affida un contratto di ricerca alla controllata italiana).
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Importante: questa novità si applica a partire dal periodo d’imposta 2017. Significa che sono agevolabili le spese sostenute a partire dal 2017, anche se il contratto con il soggetto commissionario era precedente. Altra precisazione: queste regole valgono solo nel caso in cui il committente sia un’impresa non residente. In caso contrario, ovvero se la controparte contrattuale è un’impresa residente, sarà quest’ultima ad applicare il credito d’imposta, a titolo di ricerca extra muros.
Il credito d’imposta è utilizzabile solo in compensazione, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi. Se un’impresa si è costituita nel 2017, non applica il criterio della spesa incrementale rispetto al triennio precedente, ma utilizza il credito d’imposta su tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Esempio di calcolo: ipotizziamo un investimento 2017 in ricerca e sviluppo pari a 650mila euro. La media degli investimenti dei tre anni precedenti è pari a 600mila euro. La quota agevolabile è pari a 50mila euro, a cui si applica l’aliquota del 50%. Risultato: credito d’imposta di 25mila euro.