Le spese di viaggio e trasporto di un professionista, se acquistate direttamente dal committente, dal 2017 non costituiscono reddito da lavoro autonomo: lo prevede una norma inserita nel decreto fiscale, trasformato definitivamente in legge, che di fatto equipara i costi di viaggio delle trasferte delle partite IVA a quelle per alberghi e somministrazione di pasti e bevande. Si tratta di una misura di semplificazione fiscale, contenuta nell’articolo 7-quater, comma 5, del decreto 193/2016, che va a modificare l’articolo 54, comma 5, del Tuir, il testo unico delle imposte sui redditi (Dpr 917/1986).
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La disposizione si applica a partire dal primo gennaio 2017. Il testo della norma è il seguente:
le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, nonché le prestazioni di viaggio e trasporto, acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.
In pratica, quindi, il professionista non addebiterà queste spese al committente in fattura, e non potrà di conseguenza dedurle poi dal reddito. Il committente, invece, che sostiene direttamente il costo, non dovrà comunicare nulla al professionista, e applicherà alle spese sostenute le regole fiscali previste per la propria categoria di reddito.
Ricordiamo che le norme fiscali sulle spese di trasferta delle partite IVA sono state oggetto di parecchi cambiamenti negli ultimi anni. Fino al 2015, il professionista le addebitava in fattura (anche se il costo era stato sostenuto dal committente), e poi poteva applicare una deduzione integrale. Il decreto semplificazione fiscali del 2014 (dl 175/2014) aveva cambiato queste regole, stabilendo che le spese per albergo e ristorante non costituissero più compensi in natura per il professionista che le utilizza. Conseguenza: dal 2015 queste spese non concorrono più alla formazione del reddito. Ora, con l’ulteriore modifica prevista dal decreto fiscale, a queste spese si aggiungono anche quelle per viaggio e trasporto.
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Quindi, sarà il committente ad applicare la deducibilità fiscale. Se invece il professionista sostiene direttamente le spese, il discorso cambia: si applica la deduzione del 75% per un importo non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.