Anche se l’imprenditore evade l’IVA superando solo di poco la soglia di punibilità è oggetto di condanna, come sostenuto dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 13218 del 1 aprile 2016). Nel caso in oggetto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della condanna al pagamento delle sanzioni perchè l’omissione superava la soglia di rilevanza penale (riforma dell’art. 10-ter del d.gs. n. 74 del 2000) di euro 20.703: in questo caso avrebbe trovato applicazione l’Art. 133 bis cod. pen., in presenza di una speciale tenuità del fatto, valutabile anche alla luce della persistenza della crisi economica della società rispetto al momento dell’assunzione da parte dell’imputato della qualità di legale rappresentante.
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La Cassazione ha respinto il ricorso. Come precisato dai giudici, la causa di non punibilità può ritenersi sussistente solo in presenza del duplice requisito della particolare tenuità dell’offesa della non abitualità del comportamento.
Nel caso di specie, la causa di non punibilità (Art. 131 bis cod. pen., introdotta dal d.lgs. n. 28 del 2015) risulta insussistente in ragione dell’ammontare del debito stesso, che supera comunque la soglia di punibilità (250.000 euro) fissata dalla disposizione incriminatrice nella più favorevole formulazione attualmente vigente (art. 8, comma 1, del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158).
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Si tratta, dunque, di una fattispecie non tenue sul piano oggettivo, anche in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a sanzione penale è già stato valutato dal Legislatore nella determinazione della soglia di punibilità; cosicché potrebbe essere ritenuta di particolare tenuità solo un’omissione di ammontare vicinissimo a tale soglia.