Nell’ambito del processo tributario la notifica degli atti all’Agenzia delle Entrate via PEC perde validità: si è espressa in merito la CTR di Bologna con la sentenza n. 2065/1/15.
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La vicenda prende le mosse da una sentenza con cui la CTP accoglieva il ricorso di un contribuente contro il silenzio-rifiuto opposto ad una richiesta di rimborso ed esenzione IRPEF. L’Agenzia delle Entrate ricorreva in appello, vincendolo. Tuttavia, il contribuente chiedeva successivamente che venisse dichiarata l’inammissibilità dell’appello per decadenza dell’impugnazione a causa della tardiva notifica dell’atto da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
La notifica della sentenza di primo grado, a mezzo Posta Elettronica Certificata era avvenuta in data 20 novembre 2014, la notifica dell’impugnazione oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza all’interessato. Tuttavia, l’art. 3 bis L. 53/94 sembra definire che le notifiche in ambito tributario non possano avvenire a mezzo PEC:
«l’avvocato o il procuratore legale […] può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale».
Inoltre la giurisprudenza si è già espressa in tal senso, dichiarando inammissibile il ricorso tributario introdotto con notifica del difensore a mezzo posta certificata (CTR Benevento, sentenza 395/13). La situazione è stata chiarita ulteriormente (art. 46, comma 2, del D.L. 90/2014): secondo la legge, le norme tecniche previste per il processo civile non possono applicarsi al processo amministrativo.
Ora, se il caposaldo normativo da cui muoveva la tesi favorevole all’ammissibilità risiedeva nell’estensione del novero delle cause “amministrative”, appare evidente che tale equiparazione non vale per le notifiche via PEC: ciò a maggior ragione se si considera che, quanto al processo tributario “telematico”, sono previste regole tecniche “ad hoc” (in applicazione dell’art. 39, comma 8, D.L. n. 98/2011).