Non può essere ritenuto valido un accertamento fiscale eseguito da un funzionario diverso dal capo ufficio, in assenza di una delega in cui sia stato individuato espressamente il delegato. Lo afferma la Corte di Cassazione (sentenza n. 25017 dell’11 dicembre 2015) esprimendosi in merito al ricorso proposto da un contribuente contro l’Agenzia delle Entrate, relativo alla notifica di un pagamento IRPEF del 2006.
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Rigettato in primo grado e anche dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, il ricorso è stato invece accettato dalla Corte Suprema sottolineando che in tema di atti amministrativi vige il principio generale di delegabilità di singole funzioni, da parte dell’autorità posta al vertice dell’ufficio amministrativo, nei confronti di addetti all’ufficio con qualifiche e cognizioni adeguate: in ragione di tale principio deve considerarsi legittima l’apposizione della sottoscrizione da parte del Capo Team.
Validità deleghe
Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione ha ricordato che in base all’art. 42 dpr 600/1973, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Tale delega può essere conferita o con atto proprio o con ordine di servizio purché sia indicato, unitamente alle ragioni della delega (vale a dire le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc.) il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato.
Non è sufficiente sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche “ratione officii” prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell’atto impositivo.
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Diritto tributario
Nel diritto tributario ogni nullità discende o da una specifica indicazione della legge, che ha valutato la gravità della violazione, o dalla inosservanza di un qualche principio fondamentale dell’ordinamento. Dunque è normativamente escluso che l’illegittimità sia irrilevante e quindi appaia:
«palese che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.»