La notifica delle cartelle esattoriali Equitalia via PEC (posta elettronica certificata), obbligatoria dal primo giugno 2016 verso imprese e professionisti, non fa registrare risultati soddisfacenti: lo ha segnalato Ernesto Maria Ruffini, amministratore delegato Equitalia, in audizione alla Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria, facendo il punto sul funzionamento della riscossione alla luce delle novità organizzative e individuando una serie di proposte per migliorare il servizio.
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Fra i punti critici, l’invio delle cartelle via PEC. Il decreto legislativo 159/2015 rende obbligatorio inviare esclusivamente via PEC gli atti di riscossione destinati a imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, utilizzando lo specifico elenco INI-PEC (indice nazionale indirizzi di posta elettronica certificata). La procedura prevede che, in caso di insuccesso della notifica, si proceda al deposito preferibilmente in formato elettronico, degli atti della riscossione presso gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e alla pubblicazione dei relativi avvisi sul sito infomatico della medesima.
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Il problema è che, in base alle esperienze relative agli avvisi già inviati via PEC da Equitalia su base facoltativa ai soggetti iscritti al registro delle Imprese, l’invio via PEC presenta «risultati non ancora soddisfacenti»: ogni anno,
«a fronte di circa 2,5 milioni di cartelle relative a soggetti che dovrebbero essere intestatari di PEC, è stato possibile notificarne tramite PEC meno di 1 milione».
Questo, a causa della mancanza di una casella PEC (nonostante il fatto che ci sia un obbligo in questo senso), oppure per una non corretta manutenzione della stessa.
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Equitalia chiede un intervento legislativo che ponga rimedio a questa criticità:
«consentendo che, anche nei confronti di coloro che non abbiano un indirizzo di PEC valido ed attivo, ovvero non lo manutengano, il perfezionamento delle notifiche avvenga proprio con il deposito e l’affissione presso la Camera di Commercio competente».
Questo permetterebbe di ottimizzare i processi di notifica, di ottenere una maggior certezza del recapito dei documenti, di ridurre i costi d gestione delle fasi propedeutiche alla consegna e di monitoraggio del relativo buon fine.
Per quanto riguarda i dati sull’attività, Equitalia ha riscosso nel 2014 7miliardi 411,2 milioni di euro tramite le cartelle esattoriali, cifra che è salita a 8 miliardi 243,8 milioni nel 2015. Si tratta delle somme riscosse coattivamente, che cioè i diversi enti impositori affidano all’ente della riscossione perché emetta appunto le cartelle esattoriali. La lavorazione di ogni procedura, spiega Ruffini, «si protrae ben oltre il singolo esercizio in cui è stato consegnato il ruolo»: il 26% dei contribuenti paga il debito in tutto o in parte in seguito ad azioni coattive che richiedono l’attivazione di più di una procedura (solleciti bonari, preavvisi di fermo e di ipoteca, avvisi di intimazione). Alla fine, il costo medio della completa lavorazione di ogni singola partita di ruolo può essere stimato in misura non inferiore a 30 euro.
Fra le proposte di Equitalia per migliorare il servizio: obbligo per tutti gli enti di dialogare con Equitalia attraverso strumenti telematici, possibilità per l’agente della riscossione di accedere direttamente alle banche dati INPS per le informazioni su rapporti di lavoro dipendente e pensionistici, di avere informazioni attuali sulla consistenza effettiva dei rapporti fra debitori e operatori finanziari, maggiore interoperabilità fra le banche dati degli agenti di riscossione e quelle dei Servizi di pubblicità immobiliare, forme più stringenti di controllo dell’esistenza e manutenzione delle caselle PEC dei soggetti obbligati per legge ad averle (imprese e professionisti), anche attraverso un efficace meccanismo sanzionatorio.