La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24915 del 9 dicembre 2015, ha affrontato la questione del condono fiscale (articolo 12, L. n. 289/2002) per ritardato od omesso pagamento IVA alla luce di quanto affermato successivamente dalla Corte di Giustizia UE, specificando la disapplicazione nel caso in cui vi sia di base una controversia con l’Agenzia delle Entrate che eviti il versamento delle sanzioni.
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La vicenda prende le mosse dal rifiuto di condono, da parte del Fisco, avanzato da una società contribuente. Nel valutare la controversia sullo specifico condono fiscale, le Entrate lamentavano che la CTR avrebbe avrebbe disapplicare la legge 289/2002 trattandosi di un ruolo relativo all’IVA.
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In effetti, nell’accogliere il ricorso, la Cassazione ha ricordato che la fattispecie analizzata riguardava un ruolo avente a oggetto somme dovute a titolo di imposta IVA e relative sanzioni, cosicché il disposto dell’art. 12 della legge n. 289/2002 andava disapplicato per contrasto con la VI direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977:
«La disapplicazione deve essere disposta anche d’ufficio ed anche in sede di legittimità, come questa Corte ha già avuto modo di precisare (sent. n. 8110/12), onde assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie aventi un rango preminente rispetto a quelle del singoli Stati membri. A tanto induce, infatti, il principio di effettività, enunciato nell’art. 10 del Trattato CE, che comporta l’obbligo per il giudice nazionale di applicare il diritto comunitario in qualsiasi stato e grado del processo, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o – come nella specie – il carattere chiuso del giudizio di cassazione (Cass. S.U. 26948/06, Cass. 19546/11)».