Italia al 137esimo posto su 189 economie del pianeta nella classifica “Paying taxes 2016“, il consueto report su tasse e imprese di Pricewaterhouse Cooper e Banca Mondiale. Se rispetto allo scorso anno il Belpaese guadagna una posizione, il suo carico fiscale resta però il più alto d’Europa. Le variabili prese in considerazione dall’indagine sono: pressione fiscale, numero di adempimenti, tempo necessario per effettuarli e numero di versamenti obbligatori.
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- Il carico fiscale complessivo in Italia è pari al 64,8% dei profitti commerciali (la media mondiale è del 40,8%) ed è il più alto d’Europa, seguito da quello francese (62,7%) e belga (sotto il 60%).
- Gli adempimenti fiscali a carico delle imprese italiane sono in media 14 l’anno (nel 2014 erano 15) contro i 25,6 a livello globale e gli 11,5 in Europa. Nel nostro Paese un’impresa impiega 269 ore all’anno per tali adempimenti, contro una media internazionale di 261 e una europea di 173 ore. La voce che pesa di più resta la componente lavoro, mentre sul numero di pagamenti al primo posto ci sono le tasse diverse da quelle sugli utili e sul lavoro.
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A livello mondiale il pagamento delle tasse si è semplificato per le aziende di medie dimensioni, e cresce l’attenzione per le semplificazioni (oltre a quella per il livello di pressione fiscale). Negli ultimi 10 anni, sempre su scala internazionale, il tempo medio per rispettare gli adempimenti fiscali è diminuito di 61 ore e il numero di pagamenti di 8,2, in gran parte grazie all’introduzione e al miglioramento dei sistemi di archiviazione e di pagamento elettronico. E nell’ultimo anno proprio i sistemi di pagamento hanno rappresentato la principale area di intervento in materia di riforme fiscali.
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La rilevazione non contempla tuttavia l’impatto delle seguenti misure: bonus IRPEF in busta paga (detrazione fiscale sul costo del lavoro) strutturale dal 2015, taglio IRAP sul costo del lavoro e decontribuzione sulle nuovi assunzioni a tempo indeterminato previste dalla Legge di Stabilità 2015. Lo ricorda anche Fabrizio Acerbis, managing partner di PwC Tax & Legal Services, a commento del Rapporto 2016 riferito all’anno fiscale 2014, che quindi non accoglie:
«tutte le modifiche in materia di fiscalità introdotte nei Paesi» come «alcuni interventi legislativi italiani che, pur operando in chiave di semplificazione o di riduzione del carico fiscale complessivo, o non sono rilevanti rispetto al caso base (ad esempio il bonus 80 euro) o assumeranno rilevanza nelle future rilevazioni (ad esempio la deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP o gli sgravi contributivi per nuove assunzioni)».
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«La pressione fiscale e il costo di compliance non esauriscono i temi intorno alla fiscalità: la stabilità delle norme, la certezza interpretativa, i tempi del contenzioso, influiscono direttamente sulla competitività dei singoli Paesi. Un sistema fiscale fatto di norme stabili e chiaramente interpretabili ha effetti immediati sulla capacità competitiva, anche se non catturati nelle rilevazioni Doing Business».