Una famiglia italiana con reddito di 30mila euro paga in media 738 euro in più di IRPEF rispetto a una famiglia spagnola, intorno ai 50mila euro la differenza di tasse sale a quasi 3mila euro: sono i calcoli di un’indagine dell’ufficio studi LEF (associazione per la Legalità e l’Equità Fiscale) relativa all’imposta sui redditi in Francia, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti d’America. Risultato:
«il divario fra quello che paga il contribuente italiano (sia il singolo che la famiglia) e quello che pagano a parità di condizioni gli omologhi contribuenti francesi, inglesi, spagnoli ed americani è considerevole».
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Più IRPEF
Un contribuente singolo con reddito fino a 30mila euro in Italia paga 7.479 euro di IRPEF. Il paese in cui il livello delle tasse è più vicino a quello italiano è la Spagna, dove un contribuente in analoghe condizioni paga 6.773 euro (differenza di 706 euro), mentre il gap con gli altri paesi considerati è più ampio: 4.118 euro in più rispetto alla Francia (importo tasse 3.336 euro), 4.143 euro in più rispetto agli USA (imposta di 3.361 euro), 4.372 euro in più rispetto al Regno Unito (imposte 3.107 euro).
La differenza sale per i redditi più alti, raggiungendo il top a quota 50mila euro, mentre oltre questa soglia la curva torna a scendere: il contribuente che guadagna 50mila euro in Italia paga un’IRPEF pari a 16.309 euro, 8.800 euro in più rispetto a un contribuente statunitense e 1.848 euro in più rispetto a quello spagnolo.
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Se poi si analizza una famiglia con tre figli, le differenze sono ancora più marcate: con un reddito di 30mila euro, c’è una differenza di tasse pari a 728 euro rispetto alla famiglia spagnola e di 5.153 euro rispetto a quella americana, mentre se il reddito è di 50mila euro il gap è di 2.839 con la Spagna e di 11.612 euro con gli USA.
Meno IRPEF
Su redditi di 20mila euro la situazione cambia. Una famiglia italiana con tre figli a carico di un lavoratore dipendente che guadagna 20mila euro, paga meno tasse che in Francia (-319 euro), Gran Bretagna (-1214), Spagna (-1281), mentre continua a pagare più che negli Stati Uniti (1.390). Se invece la stessa famiglia vive con una pensione di 20mila euro all’anno, paga comunque meno tasse rispetto a Francia e Spagna, ma con un gap molto ridotto (rispettivamente, 80 e 13 euro). Fra i motivi della differenza fra il carico fiscale di un dipendente e un pensionato, c’è l’impatto del bonus di 80 euro (la detrazione fiscale per i redditi da lavoro dipendente fino a 26mila euro).
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Per i redditi più bassi, fino a 8mila euro non si paga nulla, mentre poco sopra questa cifra in realtà per effetto delle detrazioni l’imposta è in genere negativa. I redditi sotto i 10mila euro sono tendenzialmente esenti in tutti i paesi, con alcune eccezioni (che comunque dipendono dalla composizione del nucleo familiare in relazione al modo in cui funzionano le tasse sui redditi nei diversi paesi). In Italia, un lavoratore dipendente singolo che guadagna 10mila euro va in credito di 327 euro, in Spagna invece paga 1195 euro di tasse, negli Usa 497 euro. Se però, con lo stesso reddito, il lavoratore ha tre figli, niente tasse in Francia, Spagna e Regno Unito, mentre in Italia c’è un credito fiscale di 837 euro che negli USA sale a 2.703 euro.
Gli elementi essenziali che risultano da tutti questi dati secondo l’ufficio studi LEF: l’Italia applica aliquote più elevate rispetto agli altri paesi analizzati, in particolare sui redditi fra 20mila e 50mila euro.
Il meccanismo di tassazione non salvaguarda la famiglia e non protegge in modo omogeneo i redditi più bassi, fino a 20mila euro. Non solo: in Italia c’è anche un’alta evasione fiscale, con il risultato che il peso delle tasse è ancora più alto per i contribuenti onesti. Fra l’altro, il problema non riguarda solo le tasse sui redditi, quindi l’IRPEF, ma anche l’IVA: il rapporto fra IVA evasa e teoricamente riscuotibile, è pari al 33,6%, contro l’8,9% della Francia, il 9,8% del Regno Unito e il 16,5% della Spagna. Nel solo 2013, questo ha significato per le casse dello stato 47,5 miliardi di euro, che si trasforma in un’evasione quantitativamente comparabile delle imposte sui redditi e determina una crescita progressiva delle aliquote IRPEF. In parte, questo provoca anche un aumento delle agevolazioni, con una conseguenze uscita dalla progressività di importanti componenti di reddito, sui cui si applicano aliquote fisse (redditi da capitale, cedolare secca, regime dei minimi).
Proposte
- riduzione aliquote per redditi medi e bassi (fino a 50mila euro);
- riduzione deduzioni, detrazioni e crediti;
- eliminazione detrazioni decrescenti al crescere del reddito;
- razionalizzazione ed omogeneizzazione imposta dovuta dai redditi più bassi;
- sostegno a famiglie e redditi bassi con trasferimenti diretti in denaro, impiego di più aliquote (modello USA) o qualcosa di analogo al quoziente familiare francese, che misura il reddito imponibile complessivo della famiglia diviso per il numero dei suoi componenti).
sulla comparazione internazionale IRPEF