L’obbligo di reverse charge, ovvero di inversione contabile IVA per le cessioni di beni e prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, scatta in caso di operazioni effettuate nel territorio dello Stato nei confronti di soggetti passivi esteri stabiliti nell’Unione Europea. In questo caso, il fornitore UE è chiamato ad emettere fattura con l’indicazione del numero identificativo attribuitogli nel proprio Paese.
Questo, perché l’eventuale fattura emessa dal rappresentante fiscale non è rilevante ai fini IVA, e dunque il cessionario/committente nazionale, se soggetto passivo IVA che agisce in quanto tale, deve assoggettare ad imposta l’operazione attraverso il meccanismo del reverse charge. In caso di mancato ricevimento della fattura l’acquisto va regolarizzato mediante autofattura.
Dunque, ai fini IVA, non è da ritenersi valida la fattura rilasciata dal rappresentante italiano del fornitore estero che riporti esclusivamente il numero di partita IVA italiana del rappresentante fiscale e non contenga l’indicazione della partita IVA del fornitore estero.
Reverse Charge intra-UE
L’inversione contabile è prevista dall’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633 del 1972 (decreto IVA). In merito, l’Agenzia delle Entrate ricorda gli adempimenti a carico dell’acquirente italiano, relativamente alla fattura e alla tenuta dei dati contabili:
- numerare la fattura del fornitore estero, integrandola con il corrispettivo tradotto in euro e con gli altri elementi che formano la base imponibile dell’operazione, come anche dell’ammontare dell’Iva, calcolata secondo l’aliquota applicabile (articolo 46, comma 1, Dl 331/1993);
- annotare la fattura integrata nel registro IVA vendite, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione, con l’indicazione anche del corrispettivo espresso in valuta estera;
- annotare la fattura integrata anche nel Registro IVA acquisti, per poter esercitare la detrazione eventualmente spettante;
- emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello dell’operazione (nel caso in cui non si riceva fattura del fornitore estero entro il secondo mese successivo all’operazione stessa) e annotarla entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente.
Regole di inversione contabile
I primi chiarimenti in tema di fattura emessa dal rappresentante fiscale recante la sola partita IVA italiana risalgono al 2010, quando già si precisava che:
L’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti stabiliti in un altro Stato Membro UE – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante l’applicazione del meccanismo del reverse charge, ancorché il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (sul punto , cfr . inoltre le circolari 18 marzo 2010, n. 14 e 21 giugno 2010, n. 36, risposta al 5 quesito n. 31) , è stato chiarito che l’articolo 17, secondo comma, esclude che il cedente o prestatore non residente sia tenuto all’emissione della fattura (e ai conseguenti adempimenti di annotazione e dichiarazione), tramite il numero identificativo IVA italiano.
=> Violazione reverse charge: resta valida la detrazione IVA
Reverse Charge extra-UE
A seguito della Riforma della fatturazione del 2013 è stato stabilito che:
In capo al soggetto passivo stabilito in Italia, l’obbligo di integrare la fattura che ha ricevuto dal fornitore/prestatore UE per tutti gli acquisti di beni/servizi territorialmente rilevanti in Italia. Diversamente, in caso di acquisto di beni o servizi territorialmente rilevanti in Italia da fornitori stabiliti in Paesi extra – UE, rimane fermo l’obbligo, in capo al cessionario/committente nazionale, di emissione dell’autofattura.