Un credito d’imposta spettante ma non dichiarato può sempre essere dimostrato dal contribuente, che producendo la documentazione necessaria ha diritto a ottenere l’annullamento della cartella di pagamento.
Si è pronunciata in questo modo la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, con la sentenza n. 4017/11 del 21 giugno scorso.
La Corte ha accolto l’appello di un contribuente disponendo l’annullamento della cartella emessa dall’Amministrazione finanziaria in seguito a un controllo fiscale automatizzato, che non aveva tenuto conto del riporto del credito d’imposta a catena nelle dichiarazioni fiscali successive a quella oggetto di verifica.
La sentenza fa riferimento a una precedente ordinanza della Corte di Cassazione in cui viene messo in evidenza il diritto del contribuente di dimostrare l’effettiva esistenza di un credito non dichiarato, opponendosi in sede contenziosa a una maggiore pretesa tributaria del Fisco:
Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi […] un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, e, in tale modo, viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria.
Da qui, l’annullabilità della cartella esattoriale.