La plusvalenza immobiliare non può essere accertata solo sulla base dei valori dichiarati ai fini dell’imposta di registro nell’atto di compravendita.
Questa pratica, infatti, è stata giudicata illegittima dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, che con la sentenza n. 194/8 del 17 gennaio 2024 ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
La sentenza ha affermato che l’accertamento della plusvalenza deve fondarsi anche su altri parametri che possono essere desunti dai valori a fini IMU o da altri dati forniti da pubbliche istituzioni sul valore degli immobili.
Nel caso esaminato, ad esempio, il calcolo della plusvalenza immobiliare aveva tenuto conto meramente della differenza fra il prezzo di acquisto relativo a tre decenni prima e quello di vendita dichiarato nell’atto notarile.
“È da considerarsi illegittimo il provvedimento che accerti la plusvalenza solo sulla base dei valori dichiarati ai fini dell’imposta di registro nell’atto di compravendita, come è accaduto nel caso di specie, l’appello è da ritenersi infondato e deve essere rigettato […].
Secondo la sentenza, un accertamento della plusvalenza immobiliare dovrebbe basarsi non soltanto sul valore di mercato desunto dall’imposta di registro applicata in fase di rogito, ma anche su altri parametri: ad esempio i valori a fini IMU o i dati forniti da pubbliche istituzioni sul valore degli immobili, come la rendita catastale.