Il concordato preventivo biennale «non conviene al contribuente che non prevede di aumentare il fatturato, perché la proposta è irrevocabile (con una serie di eccezioni precise)», ma attenzione: «il reddito oggetto di concordato riguarda solo l’attività ordinaria e non eventuali plusvalenze o minusvalenze o sopravvenienze attive o passive», che nel momento in cui sussistono possono variare l’imponibile.
Sono precisazioni fornite da Andrea Di Dio, fiscalista e partner dello studio legale di DLA Piper, intervistato da PMI.it sul concordato previsto dalla Riforma fiscale, sul quale ci fornisce anche una serie di anticipazioni sul testo finale approvato dal Governo.
Concordato escluso senza applicazione ISA
Lo strumento che consente al contribuente di bloccare il reddito imponibile sul quale pagare le imposte è rivolto «alle Partite IVA che applicano gli ISA, una platea di circa 2,5 milioni di contribuenti, a cui limitatamente al 2024 si aggiungono i forfettari» in via sperimentale e per un solo anno (nel senso che si blocca l’imponibile per un anno di imposta invece di due).
Di Dio ci anticipa un importante elemento di novità rispetto al testo preliminare dello scorso novembre: i soggetti a cui si riferisce la legge sono solo i contribuenti che applicano gli ISA e non più i soggetti interessati agli indici di affidabilità fiscale.
Platea dei beneficiari
La versione iniziale della legge parlava di «soggetti ai quali si rendono applicabili» gli ISA, mentre il testo finale si riferisce a chi li «applica». C’è quindi un restringimento della platea, perché non sono più ricompresi «coloro che appartengono a categorie soggette ad ISA ma che rientrano, in concreto, nelle cause di esclusione».
Il decreto non specifica quale sia l’anno di riferimento in cui bisogna aver applicato gli ISA, «ma si ritiene che si parli dell’anno precedente a quello oggetto di concordato». Quindi, chi accetterà il concordato nel 2024-2025, dovrà aver applicato gli ISA nel 2023.
L’altra novità rispetto alla prima versione è invece ben nota: è stato eliminato il paletto «che prevedeva un punteggio ISA almeno pari a 8. Sono invece previste altre condizioni che limitano l’accesso all’istituto, precluso tra l’altro a chi ha debiti tributari o previdenziali complessivamente superiori a 5mila euro o atti impositivi non soggetti a impugnazione».
Su quali dati si basa la proposta
Quali sono i dati del contribuente su cui si basa il Fisco per la proposta?
«Il percorso deve ancora essere definito con appositi decreti ministeriali. Il dlgs prevede che il concordato passi per dati che rappresentino la corretta capacità contributiva. Saranno veicolati tramite un software messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, che terrà conto della redditività individuale e delle redditività medie come definite dagli ISA.
Il concordato non si basa dunque sulle sole dichiarazioni fiscali del contribuente ma su un range più ampio di elementi?
«Il dato di partenza dovrebbero essere le dichiarazioni dei redditi, ma visto che occorre definire un imponibile per le due annualità successive, oltre alla tipologia di contribuente verranno analizzati anche elementi non necessariamente correlati al contribuente specifico, ma che si riferiscono al tipo di attività, all’ambito operativo di riferimento, e quindi a parametri più ampi».
«Oltre ai dati individuati e alle dichiarazioni del contribuente, inoltre, l’Agenzia potrà acquisire anche altri elementi disponibili nelle banche dati».
Proposta senza contraddittorio preventivo
Non è invece previsto un contraddittorio preventivo con il contribuente. Un’ipotesi in tal senso era stata formulata in commissione alla Camera ma alla fine è stata accantonata.
«Si parla solo di una proposta in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente, nel rispetto della capacità contributiva».
Accordo solo per l’attività ordinaria
La norma individua con precisione quegli elementi reddituali su cui non si applica il concordato. «Va precisato che il reddito oggetto di concordato riguarda l’attività ordinaria. Se intervengono fattori straordinari, può essere soggetto a ulteriori aggiustamenti. Ad esempio, in caso di plusvalenze o minusvalenze, sopravvenienze attive o passive».
Quindi, non è vero che una volta fissato l’imponibile si pagano le tasse indipendentemente dall’andamento effettivo?
«Il paletto è rigido ma solo in relazione all’attività ordinaria. Pertanto, se ad esempio nel corso dell’anno viene ceduto un bene con l’emersione di una plusvalenza, questa – avendo una natura straordinaria – determinerà una variazione del reddito concordato».
È un correttivo sensato, perché «ricomprendere elementi straordinari nell’adesione al concordato diventerebbe un elemento distorsivo, in entrambi i sensi: un contribuente potrebbe effettuare dismissioni importanti e cristallizzare plusvalenze senza scontare l’imposizione fiscale che avrebbe avuto nell’ambito della tassazione ordinaria».
«È quindi un meccanismo volto a sterilizzare il risultato rispetto a elementi che possono incidere ma che derivano da eventi straordinari. D’altra parte, va anche a tutela del contribuente nel caso in cui realizzi una minusvalenza deducibile, tale da abbattere il reddito concordato».
A chi conviene il concordato
Perché un contribuente dovrebbe aderire alla proposta? In altri termini, a chi conviene di più? «Sicuramente, il concordato sarà valutato positivamente da chi ritiene più che probabile una crescita del proprio reddito nei due anni successivi».
«È anche vero che nel 2024, primo anno di applicazione, il termine per aderire è il 15 ottobre, quindi i contribuenti avranno già operato almeno nove mesi per poter valutare l’andamento del business».
Questo rende l’avvio un po’ anomalo: «il numero di adesioni dipenderà dall’andamento di un anno già noto o prevedibile». Negli anni successivi l’adesione dovrà avvenire entro giugno, rendendo meno chiaro l’andamento dell’anno.
I contribuenti forfettari, invece, per i quali il concordato vale un anno, in pratica decideranno conoscendo già il fatturato.
Per quanto riguarda gli altri benefici («non vengono effettuati accertamenti fiscali fondati su presunzioni semplici e si anticipa di un anno il termine di decadenza dell’accertamento»), «il vero tema è che questi stessi vantaggi possono essere teoricamente raggiunti anche sulla base del reddito dichiarato ai fini ISA. Bisognerà quindi valutare la convenienza in concreto, sulla base della proposta».
Cause di decadenza o cessazione
Di Dio sottolinea un aspetto legato alle cause di fuoriuscita, che distinguono fra cessazione e decadenza. Nel primo caso, «si ripristina la tassazione ordinaria nell’anno in cui si realizza la causa.
La decadenza, invece, rileva dalla prima applicazione», quindi se interviene nel secondo anno di concordato ha sostanzialmente effetto retroattivo anche sull’anno precedente.
La cessazione è legata alla modifica dell’attività, oppure alla chiusura della stessa. La decadenza, invece, interviene in caso di irregolarità, come in caso di accertamento con rilievi di una certa gravità.