Niente voto minimo di affidabilità fiscale e allentamento delle tempistiche di adesione: sono le principali proposte di modifica al concordato preventivo biennale che hanno incassato il parere favorevole della Commissione Finanze al Senato al provvedimento attuativo della delega di Riforma fiscale.
Vediamo le novità in arrivo e le conseguenze che avranno sulla potenziale platea dei beneficiari.
Concordato preventivo biennale: le regole di base
Il concordato biennale si fonda su un accordo tra Fisco e contribuente, cui è l’Amministrazione finanziaria fissa un imponibile presuntivo per il successivo biennio, determinando e “bloccando” il relativo carico fiscale per due anni.
L’accordo riguarda esclusivamente l’IRPEF, mentre l’IVA si continua a versare secondo le regole ordinarie.
E’ sempre l’Agenzia delle Entrate a fare la proposta al contribuente, il quale può decidere se accettare o meno. Se risponde positivamente, viene fissato per due anni un imponibile su cui applicare la tassazione: se poi il contribuente guadagna di più, avrà un vantaggio fiscale, mentre viceversa pagherà più tasse. Al termine del periodo, viene formulata una nuova ipotesi di concordato.
Il concordato può riguardare anche i Forfettari; è comunque necessario in tutti i casi aver presentato regolarmente le ultime tre dichiarazioni dei redditi e non avere condanne per reati fiscali commessi negli ultimi tre periodi di imposta.
Le modifiche approvate in Commissione Finanze al Senato
Nella seduta del 12 gennaio 2024, la Commissione Finanze del Senato ha espresso parere favorevole alle seguenti osservazioni, che comportano proposte di modifica al testo del decreto decreto legislativo di riforma del procedimento accertativo (Atto del Governo n. 105):
- accesso al concordato preventivo biennale esteso a tutti i contribuenti che ne facciano richiesta, nel rispetto della disciplina ISA;
- proposta fiscale di concordato con eventuale incremento del reddito e della produzione netta rispetto a quello dell’anno di riferimento preso a base limitato al 10%, fatta salva la facoltà di una proposta difforme ma motivata e sottoposta a contraddittorio con il contribuente prima di essere formalizzata;
- posticipo del termine entro il quale l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti i programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari all’elaborazione della proposta;
- adesione per i forfettari, in via sperimentale, anche per una sola annualità;
- modalità di trasmissione dei dati e di adesione semplificate;
- invio del modello di adesione al concordato e dichiarazione dei redditi con scadenza differita rispetto ai termini ordinari, con la seconda rata di acconto calcolata sulla base dei redditi concordati.
Platea estesa a tutte le Partite IVA
L’attuale formulazione del decreto attuativo della delega fiscale prevede che il concordato possa riguardare solo le Partite IVA che hanno un indice di affidabilità fiscale (ISA) non inferiore a 8.
Questo è uno dei vincoli che sarà eliminato, aprendo il concordato preventivo a tutte le Partite IVA.
Tempistiche meno stringenti
In via ordinaria, in base al testo originario della norma, il contribuente deve decidere se aderire o meno entro la fine giugno e, nel 2024, primo anno di applicazione, la scadenza slitterebbe al 31 luglio.
Ma i tempi sono tali per cui il contribuente potrebbe avere pochi giorni di tempo per decidere: deve inviare al Fisco i dati utili per elaborare la proposta entro il 21 luglio, e ricevere poi l’ipotesi di concordato entro un massimo di cinque giorni.
Chi esegue gli adempimenti all’ultimo momento potrebbe dovere decidere se aderire o meno fra il 26 e il 31 luglio.
I commercialisti hanno avanzato diverse perplessità su questo calendario, proponendo il 15 ottobre come termine per l’adesione, bisogna vedere esattamente quale sarà la proposta del Parlamento.
In Commissione al Senato è stato votato per una nuova calendarizzazione dei vari passaggi richiesti per aderire al concordato, coinvolgendo anche – per chi aderisce – le scadenze legate alla stazione dichiarativa.