Il datore di lavoro può determinare l’acconto dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) accantonato in azienda, avvalendosi del metodo storico o del calcolo previsionale.
Lo precisa l’Agenzia delle Entrate, con una Risoluzione 68/E datata 7 dicembre 2023 che precede di pochi giorni la scadenza del 16 dicembre, che cadendo di sabato slitta a lunedì 18 dicembre.
Rivalutazione TFR: come calcolare l’acconto d’imposta
Ogni anno, infatti, i datori di lavoro sono tenuti a versare l’acconto, determinandolo non solo con metodo storico ma anche tenendo conto della rivalutazione della quota che presumibilmente verrà accantonata nell’anno in corso.
Come precisa il Fisco, infatti, l’acconto dell’imposta sostitutiva è calcolato sul 90% delle rivalutazioni maturate nell’anno solare precedente, considerando anche le rivalutazioni relative ai TFR erogati nel corso di detto anno.
In alternativa, tuttavia, l’anticipo può essere anche individuato presuntivamente, avendo riguardo al 90% delle rivalutazioni maturate nello stesso anno per il quale l’acconto è dovuto.
In tal modo, la norma consente al datore di lavoro di scegliere, in ciascun anno, tra le due predette modalità di calcolo dell’acconto quella che ritiene più conveniente.
Rivalutazione TFR 2023
Nel 2023 il coefficiente di rivalutazione applicabile sarà molto inferiore a quello 2022 (circa 1,8% rispetto al precedente 9,9%) con un forte impatto sull’imposta a saldo del prossimo 16 febbraio 2024, che determinerebbe un credito da recuperare nell’anno successivo dopo la presentazione del Modello 770/2024, persino con apposizione del visto di conformità se superasse i 5.000 euro.
Da qui, la concessione delle Entrate di ricorrere all’indice di rivalutazione presuntivo, che sarà prevedibilmente più basso nel 2023 rispetto a quello 2022. In questo modo, l’azienda pagherà meno subito e lo Stato eviterà di dover concedere poi un credito.