Le sanzioni in materia di transfer pricing, per tributi oggetto di procedura amichevole tra Stati (ex articoli 6 e 7 della Convenzione 23 luglio 1990, 90/436/Cee), non rientrano tra quelle sanabili con la rottamazione delle liti fiscali pendenti (articolo 1, commi da 186 a 205, legge n. 197/2022) perché sono correlate a tributi non pagati.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 437 del 26 settembre 2023.
Niente sanatoria su sanzioni per tributi non pagati
La definizione agevolata delle liti pendenti alla data del 1° gennaio 2023 presso le Corti di Giustizia tributarie di primo e secondo grado e presso la Corte di Cassazione, in cui sia parte l’Agenzia delle Entrate o delle Dogane (con scadenza di adesione fissata al 2 ottobre) prevede diverse casistiche.
In base al comma 191 della legge 197/2023, soltanto le controversie relative a sanzioni non connesse a tributo non pagato possono essere sanate, con versamento dal 15% al 40% del valore della lite in base al giudizio.
Nel caso specifico, invece, la sanzione per rilievi in materia di transfer pricing non rientra tra quelle definibili ai sensi della tregua fiscale proprio perché è correlata a un tributo che non è stato pagato (rientrando in un accordo amichevole tra Stati).
Lo stesso ragionamento era stato del resto già adottato in riferimento alla vecchia pace fiscale (definizione delle liti pendenti di cui all’articolo 6 del Dl n. 119/2018.), individuato nella circolare n. 6/2019.
Le opzioni possibili
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il pagamento di altri tributi inclusi nella notifica non comporterà l’eliminazione delle sanzioni correlate ai rilievi sul transfer pricing.
Il punto chiave è che il relativo tributo non risulta pagato.
Ma una scappatoia c’è: resta infatti possibile rinunciare alle procedure amichevoli in corso e procedere al pagamento del tributo.