È possibile per i lavoratori impatriati accedere alle agevolazioni anche svolgendo l’attività professionale in modalità remote working? A fornire chiarimenti in merito è la Direzione regionale Lombardia dell’Agenzia delle Entrate, rispondendo all’interpello n. 904/383/2023 dello scorso febbraio.
Oggetto del chiarimento è un quesito posto da una cittadina italiana che ha trasferito la residenza in Italia e svolge attività lavorativa in remote working, alle dipendenze di società con sede nei Paesi Bassi.
Secondo il Fisco, la normativa vigente prevede requisiti specifici per accedere al regime agevolativo per i lavoratori impatriati:
- i lavoratori non devono essere stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento;
- i lavoratori si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
- l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano, una condizione che deve essere verificata in relazione a ciascun periodo d’imposta e risulta soddisfatta se l’attività lavorativa è prestata in Italia per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno, contando anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi.
Per quanto riguarda il regime di lavoro da remoto, il Fisco sottolinea che ai fini dell’agevolazione:
Risulta essenziale verificare la sussistenza di un collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa in tale Paese, che risulta ravvisabile anche per soggetti che iniziano a svolgere in Italia attività di lavoro dipendente in modalità ”smart/remote working” per soggetti esteri.