La riscossione degli atti di riscossione deve essere considerata valida anche se il mittente è una PEC non presente nei pubblici registri, in particolare nei registri IPA.
Lo afferma la Suprema Corte con l’ordinanza n. 6015/2023, una decisione che specifica come la notifica di una cartella di pagamento non possa essere considerata nulla se proveniente da un indirizzo PEC non registrato, purché il mittente sia riconoscibile e il destinatario abbia potuto predisporre le sue difese in modo adeguato.
La Suprema Corte ha richiamato una decisione delle Sezioni Unite con la sentenza n. 15979 del 18 maggio 2022:
La notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto.
L’ordinanza mette in evidenza quanto riportato dall’Articolo 26 dei Decreto n. 602/1973 relativo alle disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, secondo cui a rientrare nei registri pubblici deve essere solo l’indirizzo PEC del destinatario, mentre non esiste alcun obbligo relativamente all’indirizzo PEC del mittente.
La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta.