In vista dell’attuazione della riforma fiscale, in cui è prevista una revisione organica del sistema, il Ministero dell’economia e delle finanze ha ufficializzato l’imminente autorizzazione UE al rinnovo dello split payment IVA (scissione dei pagamenti), che sarebbe in scadenza il 30 giugno 2023.
Con il nuovo via libera comunitario si procederà ad applicare senza interruzioni e, almeno nella prima fase, nei confronti dei medesimi soggetti oggi interessati dalla misura.
Come funziona la scissione dei pagamenti
Il meccanismo è stato pensato per contrastare l’evasione fiscale evitando che il fornitore possa eludere il versamento IVA. Il rischio è scongiurato a monte: sono le pubbliche amministrazioni a versare direttamente l’imposta all’Erario, senza anticiparla all’azienda fornitrice.
Con lo split payment, dunque, il fornitore non incassa l’IVA indicata in fattura (compresa quella elettronica): è il committente che la versa allo Stato mentre le imprese fornitrici incassano il solo imponibile ed evitano l’onere del pagamento d’imposta, che rimane in capo alla PA committente. Questo, però, solo per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile.
La differenza con il reverse charge
Con il Reverse Charge IVA (inversione contabile) a versare l’imposta è il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le operazioni. Il meccanismo consente quindi al prestatore di non assolvere l’IVA, che resta in capo al committente.
Prorogato al 2026 con Direttiva UE 2022/89, anche questo strumento mira a combattere le frodi fiscali, ma è facoltativo sulla cessione di determinati beni e prestazione di determinati servizi, per soggetti IVA residenti nel territorio dello Stato.
Si applica per la vendita di prodotti di elettronica di consumo e ai supermercati, nonché ad alcune prestazioni in edilizia, come ad esempio:
- prestazioni da subappaltatori nelle costruzioni;
- cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati per le quali il cedente abbia deciso di applicare l’IVA, mediante opzione nell’atto di vendita;
- prestazioni di servizi di pulizia (anche in studi professionali);
- prestazioni di demolizione;
- installazione di impianti;
- prestazioni di completamento relative ad edifici.
Split Payment IVA: che è obbligato oggi
Il meccanismo si applica alle operazioni effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, degli enti pubblici economici e delle fondazioni, delle società controllate o partecipate da PA o da enti e fondazioni e nei confronti di società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana. Sono esclusi dallo split payment gli enti pubblici gestori di demanio collettivo per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico.
Gli elenchi delle società controllate e delle blue chips obbligate sono pubblicati sul sito del ministero delle Finanze.
Si tratta di adempimento che riguarda anche le fatture di autonomi e professionisti verso gli enti della PA soggetti ad obbligo di split payment. Restano escluse:
- operazioni soggette a reverse charge;
- operazioni soggette a regimi IVA speciali;
- operazioni esonerate dall’obbligo di certificazione fiscale;
- cessioni all’esportazioni non imponibili;
- operazioni in cui il fornitore trattiene il corrispettivo da un importo spettante, anche in forza di un provvedimento giudiziale;
- compensazioni PA e imprese soggette a scissione dei pagamenti;
- operazioni permutative;
- operazioni rese in favore di dipendenti e fattura intestata a questi ultimi.
Le novità della Riforma fiscale
Con la prossima riforma fiscale, che riguarderà anche l’IVA, potrebbero esserci delle novità a riguardo dello split payment. Non a caso, il comunicato stampa del Ministero delle Finanze parla di una “prima fase” di rinnovo del meccanismo, in cui l’adempimento coinvolgerà i medesimi soggetti. Questo passaggio lascia presupporre una possibile diversa applicazione del sistema, se non addirittura un’estensione in ottica anti-evasione.