In caso di ricorso contro l’Agenzia delle Entrate, per dimostrare la legittimità dell’applicazione IVA ridotta, il contribuente è tenuto a dimostrare di avere diritto all’aliquota di favore nel momento in cui decide di fruirne nella dichiarazione annuale (con imposta inferiore a quella dovuta) ed emettere fatture con aliquota inferiore a quella ordinaria del 22%.
Questo è quanto ha sottolineato la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 3177 del 2 febbraio 2023, che conferma quanto già chiarito con Ordinanza n. 24581/2022.
Il nuovo pronunciamento dà ragione al Fisco e obbliga il contribuente, in caso di accertamento, al relativo onere della prova per dimostrare il diritto di usufruire di una aliquota IVA inferiore rispetto a quella ordinaria.
Dietro la decisione dei giudici si cela la normativa relativa all’applicazione dell’aliquota IVA ridotta, che rappresenta una eccezione alla regola generale. L’applicazione delle aliquote IVA ridotte ex art. 16, comma 2, DPR n. 633/72 e Tabella A allegata, ha carattere di agevolazione e quindi:
trattandosi di un’eccezione a quella ordinaria generalmente prevista, il contribuente deve dimostrarne la ricorrenza dei relativi presupposti.
La prova del diritto alla fruizione dell’IVA ad aliquota agevolata, pertanto, è a carico del contribuente proprio perché si tratta di una deroga al principio generale che ha stabilito l’aliquota dell’imposta IVA nella misura del 22% della base imponibile.