Tra le tasse in aumento in Italia c’è anche la TARI, la tassa sui rifiuti urbani prodotti in relazione agli immobili utilizzati.
Un emendamento del Governo al Decreto Superbonus prevede la proroga al 30 giugno per l’approvazione comunale di Piani Economici e Finanziari (PEF) e tariffe 2024 rispetto alla scadenza ordinaria del 30 aprile.
TARI nei Comuni: quanto si paga?
Il tributo locale – introdotto dalla Legge di Stabilità n. 147/2013 – è soggetta alle regole dei singoli Comuni, seppur nel rispetto delle linee guida nazionali. In assenza di PEF aggiornati, comunque, Comuni potranno confermare le tariffe vigenti e deliberare le nuove entro il 31 luglio, ma solo per la TARI e non per la tariffa rifiuti corrispettiva.
Vediamo di seguito come funziona il calcolo e il versamento dell’imposta sui rifiuti, cosa succede se non si paga la TARI e quando il debito cade in prescrizione.
Che cos’è la TARI e chi la deve pagare?
La TARI (istituita dal comma 652 della legge 147/2013) è la tassa sui rifiuti che deve essere versata da tutti i proprietari o utilizzatori di immobili, locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti produttrici di rifiuti urbani, anche qualora si tratti di prime case. In caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.
Dal 2014, la TARI ha sostituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che a sua volta – solo per il 2013, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2).
La TARI si paga in base alle persone?
Sì: per le utenze domestiche, la tariffa sui rifiuti è composta da una quota fissa che tiene conto della superficie calpestabile dell’immobile e del numero di occupanti della casa, a cui si aggiunge una quota variabile calcolata dal Comune in base ai servizi connessi.
Chi paga la TARI, il proprietario o l’inquilino?
In caso di immobile dato in affitto, a pagare la TARI dovrebbe essere:
- l’inquilino, se il contratto prevede una locazione superiore ai 6 mesi;
- il proprietario se il contratto prevede un periodo di affitto inferiore ai 6 mesi.
Chi è obbligato a fare denuncia TARI?
Utilizzatori e proprietari di locali e aree scoperte produttrici di rifiuti urbani adibiti a qualsiasi uso, domestico e non, sono tenuti a presentate la denuncia TARI entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui è iniziata la detenzione dell’immobile.
Come si calcola la TARI?
Il calcolo delle tariffe TARI tiene conto di superfici e quantità di rifiuti prodotti o qualità di rifiuti per unità di superficie, in relazione ad usi e tipologia delle utenze (domestiche e non domestiche) e al costo del servizio sui rifiuti.
Il riferimento legislativo di base, per i criteri di definizione della tariffa, sono contenuti nel Dpr 158/1999 e servono a definire la quota fissa (metri quadri dell’immobile) e la quota variabile (componenti del nucleo familiare), in alternativa all’uso delle medie ordinarie per utilizzo, tipologia di attività e costo del servizio.
A gennaio 2024 è stato pubblicato l’aggiornamento delle linee guida di cui i Comuni devono avvalersi per il calcolo del tributo, tenendo conto anche delle risultanze dei fabbisogni standard per la determinazione dei costi inerenti al servizio rifiuti, in linea con le componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS).
Ogni Comune determina a questo punto la propria tariffa TARI con delibera del Consiglio basata dei costi individuati e classificati nel piano finanziario, predisposto dal gestore del servizio. I regolamenti comunali che disciplinano la TARI devono sempre rispettare il principio di proporzionalità, evitando di imporre importi elevati ai cittadini non residenti e non legati alla produzione di rifiuti.
Se il contribuente sporge reclamo al Comune per un importo ritenuto non corretto, l’ente deve rispondere entro 30 giorni lavorativi ed entro 60 giorni deve rettificare le somme addebitate, con eventuale rimborso entro 120 giorni.
Come si paga la TARI?
Le modalità di pagamento della TARI vengono stabilite dal singolo Comune. Solitamente il pagamento si effettua con modello F24, o con bollettino postale, o con MAV e, di norma i Comuni inviano una comunicazione a mezzo posta (avviso di pagamento) con all’interno bollettini prestampati o moduli F24 precompilati.
Una sentenza di Cassazione risalente al 2023 ha reso impugnabili direttamente i bollettini comunali ritenuti troppo onerosi.
Cosa succede se non ricevo il bollettino TARI?
Se non si riceve il bollettino TARI è importante contattare direttamente il Comune di appartenenza, perché, anche in caso di mancato recapito dell’avviso di pagamento, l’imposta resta dovuta e il contribuente deve provvedere autonomamente al calcolo dell’imposta e al pagamento tramite modello F24 ed effettuare il versamento in banca o presso qualsiasi ufficio postale, eventualmente rivolgendosi a un CAF.
In caso di pagamento della TARI con modello F24 il codice tributo è 3944 sezione IMU ed altri tributi locali.
Quando si paga TARI?
Nella maggior parte dei Comuni la scadenza della TARI viene ripartita in tre tranche, con le seguenti scadenze:
– 1° acconto tra aprile e giugno;
– 2° acconto verso luglio/agosto;
– saldo entro la fine dell’anno, solitamente a ottobre o novembre.
Cosa succede se non si paga la TARI?
Se non si rientra in uno dei casi in cui è prevista l’esenzione TARI e non si paga l’imposta, il Comune può richiedere il pagamento degli arretrati degli ultimi 5 anni, applicando sanzioni e interessi che possono portare a triplicare l’importo inizialmente dovuto e non pagato.
Cosa succede se non si paga un avviso di accertamento del Comune?
Se il contribuente non effettua il pagamento nei termini indicati nell’avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria può agire esecutivamente nei suoi confronti per recuperare le somme spettanti.
Le procedure di recupero esattoriale per gli illeciti tributari possono portare a pignoramenti, fermi amministrativi e nei casi peggiori, con debiti di importo superiore ai 30mila euro, all’accusa di reato di evasione fiscale, per il quale si rischia la detenzione.
Quanti anni di arretrati si può chiedere per la TARI?
Il Comune può chiedere fino a 5 anni di arretrati TARI, come di qualsiasi altro tributo locale.
Quando la TARI va in prescrizione?
Il pagamento della TARI va in prescrizione trascorsi 5 anni, a partire dall’anno successivo a quello di imposta, ovvero quello la tassa sui rifiuti doveva essere pagata.
Come regolarizzarsi con la TARI?
Se ci si è accorti di non aver pagato la TARI e sono trascorsi meno di 5 anni, per regolarizzare la propria posizione è necessario rivolgersi all’Ufficio Tributi del proprio Comune.
Come si paga TARI arretrata?
Per pagare la TARI arretrata possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, che consente l’applicazione di misure sanzionatorie minori, tenendo conto che quando si supera l’anno di ritardo, si applica una sanzione del 30% dell’imposta sull’importo dovuto più gli interessi.
In quale caso non si paga la TARI?
Sono escluse dal pagamento della TARI le aree di parcheggio per clienti e dipendenti di negozi e supermercati, ovvero le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva, perché improduttive di rifiuti. Esclusi dalla TARI anche i magazzini delle industrie, producendo queste solo rifiuti speciali. Sui posti auto condominiali scoperti, spetta al Comune deliberare eventuali esenzioni TARI.
Il Comune ha, inoltre, facoltà di introdurre con proprio regolamento:
-
esenzioni e riduzioni in favore delle specifiche fattispecie individuate dalla legge, che, in quanto connesse a una minore attitudine a produrre rifiuti danno luogo ad un minor gettito da inserire tra i costi del piano finanziario [art. 1, comma 659, della legge n. 147 del 2013]; tali fattispecie sono:
– abitazioni con unico occupante;
– abitazioni e locali per uso stagionale;
– abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;
– fabbricati rurali ad uso abitativo;
– attività di prevenzione nella produzione di rifiuti (in particolare: utenze domestiche che abbiano avviato il compostaggio domestico), commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti non prodotti. - esenzioni e riduzioni in favore delle ulteriori fattispecie ritenute dall’ente locale meritevoli di tutela, a prescindere da una minore produttività di rifiuti delle utenze; in tali ipotesi, il Comune deve finanziare la misura facendo ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del comune e diverse, quindi, dai proventi del tributo [art. 1, comma 660, della legge n. 147 del 2013];
- uno sconto per i contribuenti con ISEE basso, il cosiddetto Bonus TARI, applicabile in caso di:
– ISEE non superiore a 8.107,5 euro;
– famiglie numerose con un ISEE non superiore a 20.000 euro;
– beneficiari del Reddito di Cittadinanza o Pensione di Cittadinanza.
Le riduzioni obbligatorie previste dalla legge sono:
- riduzioni della quota variabile proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, disciplinate dal Comune con proprio regolamento [art. 1, comma 649, secondo periodo, della legge n. 147 del 2013];
- riduzione per mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti/effettuazione del servizio in grave violazione della disciplina di riferimento/interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente: la TARI è dovuta nella misura massima del 20% [art. 1, comma 656, della legge n. 147 del 2013];
- riduzione per le zone in cui non è effettuata la raccolta: la TARI è dovuta nella misura massima del 40%, secondo quanto stabilito dal comune che può anche graduare la tariffa in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita [art. 1, comma 657, della legge n. 147 del 2013].