In tema di detrazioni fiscali derivanti dai Bonus Casa, Superbonus 110% in primis, arriva da parte dei Commercialisti la richiesta al MEF di chiarimenti circa le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito.
Una missiva del CNDCEC è stata infatti recapitata al Ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e al Viceministro, Maurizio Leo, in data 15 novembre 2022, con la richiesta di una norma di interpretazione autentica dell’art. 121, comma 1-bis, del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio).
In pratica viene chiesto di chiarire quale sia l’interpretazione ufficiale e corretta che i contribuenti devono seguire per l’esercizio delle opzioni per le spese legate ad interventi che non rientrano nel perimetro del Superbonus 110%.
Il dubbio se questo resti subordinato al solo presupposto del sostenimento delle spese nella finestra temporale agevolata – e non anche all’avvenuta esecuzione dei lavori – nasce a fronte di una sentenza della Corte di Cassazione (n. 42012/2022 sez. III pen.) che si pone in contrasto con la prassi interpretativa consolidata.
Sconto in fattura e cessione del credito: la sentenza
- l’avvenuta esecuzione di una quota dei lavori agevolabili, pari almeno al 30% per il Superbonus, senza vincoli per le altre detrazioni diverse dal 110% (es. Ristrutturazioni, Ecobonus, Bonus facciate), essendo consentiti più SAL;
- la congruità delle relative spese sostenute.
In pratica per gli Ermellini non sarebbe possibile monetizzare il credito, fatturando “in acconto” spese relative a opere non ultimate o per le quali non sia stato emesso, da un tecnico abilitato, un SAL, perché tali fatture andrebbero a simulare l’esistenza di spese in concreto non ancora sopportate e a creare fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione.
Tale affermazione appare in contrasto con la consolidata prassi interpretativa ufficiale del MEF e dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale l’esercizio dell’opzione può essere effettuato anche in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori.
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Prassi MEF-Entrate
Il nocciolo della questione si focalizza sulla parola “può“, che non inibisce la possibilità di esercitare comunque l’opzione qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori.
Dunque secondo la prassi MEF-Entrate, lo sconto in fattura e la cessione del credito sono esercitabili anche senza tenere conto del SAL e qualora per effettuare l’intervento non siano previsti pagamenti per stati di avanzamento lavori. In queste situazioni per l’esercizio dell’opzione si fa riferimento alla data dell’effettivo pagamento. Il tutto sempre a patto che gli interventi oggetto dell’agevolazione siano effettivamente realizzati.
Tale interpretazione è stata confermata in diverse occasioni (es. interrogazione parlamentare n. 5-06751, circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E/2021).
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Necessaria un’interpretazione autentica
Ora, a fronte della nuova sentenza della Suprema Corte, il CNDCEC chiede che prassi interpretativa del MEF e dell’Agenzia delle Entrate venga formalizzata in una norma di interpretazione autentica del comma 1-bis dell’art. 121, D.L. n. 34/2020. L’obiettivo è chiaramente quello di evitare il caos e di fornire un quadro interpretativo chiaro per i contribuenti e i professionisti che li assistono.
“Pare evidente – si legge nella missiva del CNDCEC – che, nella citata sentenza, la III sezione penale della Corte di cassazione rimanga ancorata all’interpretazione del dato letterale del co. 1-bis dell’art. 121 del DL 34/2020, senza tenere conto della consolidata prassi interpretativa ufficiale del MEF e dell’Agenzia delle Entrate precedentemente richiamate, cui – è appena il caso di sottolinearlo – si sono affidati nella loro operatività tutti i contribuenti”.