Il versamento della tassa sulla fornitura di servizi digitali, istituita con la Manovra 2019 ma non ancora pienamente operativa, slitta al 16 marzo 2021, mentre la relativa dichiarazione va presentata entro il successivo 30 aprile. La scadenza è contenuta nel decreto 3/2021 (GU n. 11 del 15 gennaio) che contiene lo stop alla riscossione fino al 31 gennaio ma anche la proroga (scadenze originarie 16 febbraio e 31 marzo) della cosiddetta Web Tax, regolamentata dai commi 35 e seguenti della legge 145/2018. «In sede di prima applicazione – si legge nell’articolo 2 del dl 3/2021 -, l’imposta dovuta per le operazioni imponibili 2020 è versata entro il 16 marzo 2021 e la relativa dichiarazione è presentata entro il 30 aprile 2021». La web tax italiana, lo ricordiamo è pari al 3% dei ricavi delle aziende digitali che fatturano almeno 750 milioni di euro, oppure hanno ricavi derivanti da servizi digitali pari a 5,5 milioni di euro di ricavi derivanti da determinati servizi digitali realizzati in Italia.
L’importo dei ricavi imponibili è dato dal prodotto dei ricavi totali per la percentuale di tali servizi collegata al territorio dello Stato. In pratica, conta la localizzazione dell’utente finale in Italia (es.: pubblicità fruita mentre si usa il dispositivo in Italia, uso dell’interfaccia digitale per concludervi operazioni o per utilizzare un conto aperto con quel dispositivo).
=> Web Tax: imprese e servizi digitali coinvolti
La legge specifica quali sono questi servizi digitali su cui calcolare e applicare l’imposta (ricavi imponibili percepiti nell’anno solare al lordo dei costi sostenuti per la fornitura dei servizi digitali e al netto dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette):
- veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
- messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
- trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
In pratica, sono coinvolti motori di ricerca, social network, marketplace per l’e-commerce, portali di sharing economy ma anche aziende italiane: non sempre, infatti, la soglia dei ricavi va a toccare le multinazionali che operano nei confronti di utenti localizzati in Italia, per i quali la tassa era stata originariamente pensata. Ci sono comunque tutta una serie di servizi esclusi dalla tassazione nell’ambito applicativo della web tax:
- fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale;
- fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
- la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è la fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
- messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire sistemi interbancari, piattaforme di negoziazione, a altre attività finanziarie precisamente elencate.
I codici tributo per il versamento con F24 ed il modello per la dichiarazione della web tax saranno forniti con successivi provvedimenti.