La chiusura della partita IVA agricola e della relativa posizione INPS non ha alcun costo e può essere fatta comunicando telematicamente all’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni, la cessazione dell’attività, e contestualmente – tramite procedura ComUnica – anche la cancellazione dal Registro Imprese e dalla posizione INPS.
Un agricoltore può tuttavia continuare ad essere “attivo” anche se in possesso di una partita IVA inattiva, evitando il rischio di una chiusura d’ufficio e di sanzioni fiscali, il tutto a patto però di rispettare alcuni requisiti.
Per dimostrare il requisito di “agricoltore attivo” si deve rientrare nei seguenti requisiti:
- iscritto all’INPS in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (IAP), colono o mezzadro;
- titolare di partita IVA agricola prima del 1° agosto 2014, con invio della dichiarazione annuale IVA;
- agricoltore con attività principale o oggetto sociale di persona giuridica registrata come attività agricola.
- soglia di pagamenti diretti derivanti da attività agricola nell’anno precedente sotto i 7.000 euro;
- proventi da attività agricole nell’anno precedente pari ad almeno un terzo da quelli totali;
- importo annuo dei pagamenti diretti almeno del 5% di quelli totali da attività non agricole nell’anno precedente;
=> Chiusura partita IVA, quale procedura?
Ricordiamo che la legge del decreto n. 70/11 (c.d. Decreto sviluppo) ha previsto la chiusura d’ufficio per le partite IVA inutilizzate, ovvero per le quali non sia esercita l’attività per tre annualità consecutive o non sia stata presentata la dichiarazione IVA annuale. Tale norma riguarda tuttavia le sole attività di impresa o di arti e professioni o chi, obbligato a presentare la dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto. Sono quindi escluse dalla chiusura d’ufficio le partite IVA relativa alle attività agricole, comprese quelle svolte in regime di esonero o con un volume di affari inferiore a 7.000 euro.