Nel caso in cui vengano emesse fatture con erronea applicazione del regime forfettario, come recuperare l’IVA, comunque dovuta? E come comportarsi in sede di dichiarazione dei redditi con le ritenute d’acconto?
In base ai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (rif.: interpelli 499/2019 e 500/2019), ai fini IVA si può rimediare in due modi:
- emettendo note di variazione in aumento (ai sensi dell’articolo 26, comma 1, dpr 633/1972) a integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’IVA da versare all’Erario ed esponendo la ritenuta d’acconto;
- emettendo note di variazione in diminuzione (ai sensi dell’articolo 26, comma 2, dpr 633/1972) a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, sempre addebitando a titolo di rivalsa l’IVA da versare all’Erario ed esponendo la ritenuta d’acconto.
Per quanto riguarda eventuali ritenute d’acconto, se il committente si limita a non certificarle, il contribuente può comunque indicare le relative somme in dichiarazione (se è in grado di comprovare in altro modo la prestazione con ritenuta). Se invece la ritenuta non è stata applicata, il contribuente non potrà vantare crediti IRPEF.
L’unico caso in cui è possibile portare la somma in detrazione è quello in cui sia stata eseguita nei confronti del committente una procedura esecutiva individuale.