L’abrogazione della mini IRES in favore della resuscitata ACE, prevista dall’articolo 30 dell’attuale testo del Disegno di Legge di Bilancio 2020 costerà alle imprese 4 miliardi di euro in sei anni.
Entrambe le agevolazioni mirano ad incentivare la patrimonializzazione delle imprese, ma ora il Governo ha deciso di abbandonare la mini IRES per riportare in vita l’Aiuto alla Crescita Economica (ACE), introdotta dal governo Monti, tra l’altro depotenziandola con un coefficiente di rendimento nozionale ridotto dall’1,5% all’1,3%.
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Da mini IRES ad ACE
Un giochetto che garantirà nuove entrate all’Erario a danno delle imprese, che pagheranno in media oltre 650 milioni di euro in più l’anno, il che si traduce in circa 4 miliardi di euro moltiplicando tale esborso per i prossimi 6 anni.
Questo il numero di anni, dal 2020-2025, indicato nella relazione tecnica allegata al Ddl di Bilancio 2020, secondo la quale reintrodurre l’ACE costerà alla Stato 8,353 miliardi di euro.
Un costo compensato però dall’abrogazione della cosiddetta mini IRES che garantirà, nello stesso periodo, un gettito di quasi 12 miliardi e mezzo.
Nonostante siano state pensate per obiettivi similari, prendendo a base lo stesso ammontare, le due misure presentano delle differenze:
- l’ACE è l’incentivo alla patrimonializzazione delle aziende che consente di portare in deduzione da IRES e IRPEF il rendimento degli aumenti di capitale (una percentuale molto bassa, giù fissata sotto il 2% e ora ulteriormente ridotta);
- la mini-IRES è l’aliquota agevolata sugli utili reinvestiti che, se mantenuta, avrebbe previsto una graduale e più corposa riduzione delle aliquote IRES ed IRPEF (a regime ben 4 punti) applicate agli utili di esercizio accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, nei limiti dell’incremento di patrimonio netto.
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In entrambi i casi a trarre il massimo dei benefici da queste misure sono le imprese di grandi dimensioni con un’ovvia patrimonializzazione più consistente e più veloce di quella delle micro, piccole e medie imprese.
Questo significa che l’aggravio del turnover tra le due agevolazioni graverà per lo più sulle realtà minori, per un peso fiscale aggiuntivo stimato di quasi due miliardi di euro nei prossimi 6 anni.