Non è punibile per evasione IVA l’imprenditore se supera solo del 4% (pari a 10 mila euro) la soglia di non punibilità penale di 250 mila euro. Questa differenza può essere tollerata perché scatta la particolare tenuità del fatto. A chiarirlo è stata la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 1290/2019, con la quale ha annullato la condanna a carico di un manager di Trieste che aveva evaso 259 mila euro di IVA affermando, in sua difesa, di averlo fatto non per dolo ma per una crisi di liquidità. Il manager si era inoltre appellato alla speciale tenuità del fatto dal momento che aveva superato la soglia di poche migliaia di euro.
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Crisi di liquidità: non giustifica l’evasione
I giudici della Corte di Cassazione, pur annullando la condanna penale, hanno chiarito che la difesa legata a una crisi di liquidità non può ritenersi valida ai fini della punibilità dell’evasione IVA. I giudici hanno richiamato in merito i consolidati principi espressi dalla stessa Corte, che escludono la rilevanza scusabile della crisi societaria:
Il reato di omesso versamento IVA è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti (ex plurimis Sez. 3, n. 10813 del 6/2/2014; Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013), elemento che rientra nell’ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione fiscale contratta con l’Erario.
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La Corte di Cassazione aggiunge che la crisi d’impresa può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’art. 45 cod. 3 solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo la crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario:
L’imprenditore deve quindi provare di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessari per adempiere il proprio debito fiscale.
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Punibilità penale dell’evasione IVA
Diversa invece la questione legata all’entità del evasione IVA stessa, ai fini della punibilità penale. I giudici aggiungono la precisazione che la questione può essere rilevata d’ufficio dai giudici e anche nei casi in cui la vicenda sia antecedente alla riforma fiscale introdotta con il dlgs 28 del 2015.
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Tornando al principio della non punibilità della “particolare tenuità del fatto” prevista dall’art. 131 bis del Codice Penale, questa, spiegano i giudici, è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a euro 250.000 euro dall’art. 10-ter, dlgs n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale.
Nel caso in discussione, l’importo evaso si discostava di meno del 4% dalla soglia di non punibilità penale e, secondo il parere dei giudici, non sussistevano ulteriori elementi ostativi ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità. Pertanto i giudici hanno ritenuto che il reato commesso dall’imprenditore non fosse penalmente perseguibile.