Quando l’impresa editoriale si rivolge per la raccolta della pubblicità a una concessionaria, ipotesi molto frequente, il bonus fiscale si applica sull’intera somma fatturata. La precisazione è fornita dal dipartimento per l’informazione e l’editoria, all’interno delle FAQ sul credito d’imposta al 75%, l’agevolazione introdotta dalla manovra bis dello scorso anno (dl 50/2017)e successivamente ampliato
Per la domanda di sgravio, lo ricordiamo, si può presentare domanda fino al prossimo 22 ottobre.
Il punto è il seguente: le spese pubblicitarie ammesse all’agevolazione sono esclusivamente quelle relative all’acquisto degli spazi pubblicitari sugli organi di stampa, al netto di spese accessorie, costi di intermediazione e di eventuali altri costi. Quando però l’editore si rivolge a una concessionaria esterna per investire in pubblicità, quest’ultima diventa l’unica interfaccia per il cliente, al quale presenterà una fattura complessiva di tutti i costi.
Questo, si legge nelle FAQ:
«sia perché la distinzione tra il “costo netto” degli spazi pubblicitari ed il costo del servizio svolto dalla società terza, anche nei casi nei quali fosse evidenziabile, non ha alcun rilievo nei confronti del committente, che è soggetto del tutto estraneo al rapporto contrattuale tra editore e società concessionaria. Sia soprattutto perché, nella gran parte dei casi, il rapporto tra editore e società concessionaria è strutturato in modo complesso, sotto il profilo dei costi e della ripartizione degli utili», per cui «spesso non risulta possibile estrapolare, sul singolo contratto di acquisto di spazi, il costo del servizio svolto dalla società concessionaria».
Fra l’altro, in questi casi, il costo del servizio della concessionaria «avrebbe un significato puramente astratto, in quanto legato a parametri che prescindono dal singolo acquisto.
Risultato: «le somme complessivamente fatturate da società concessionarie della raccolta pubblicitaria sono interamente ammissibili ai fini del calcolo del credito d’imposta, in quanto costituiscono, per l’operatore economico committente, l’effettiva spesa sostenuta per l’acquisto degli spazi».
Sono invece escluse le spese che l’operatore economico (il cliente che compra la pubblicità) sostiene per servizi di consulenza o intermediazione o di altro genere. «In questi casi, si tratterebbe effettivamente di servizi “accessori”, il cui costo – normalmente evidenziabile – non può legittimamente concorrere al calcolo del credito d’imposta».
Ricordiamo che il bonus pubblicità si può applicare agli investimenti effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017 su stampa quotidiana e periodica, anche online, oppure a quelli 2018, in questo caso esteso anche alle radiotelevisioni locali. Bisogna presentare domanda entro il prossimo 22 ottobre, utilizzando il servizio online dell’Agenzia delle Entrate (Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta), e poi nel gennaio 2019 bisogna presentare la Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati.