Tra le diverse riforme che il nuovo governo Conte si prepara ad attuare c’è anche quella che prevede una revisione totale del sistema di tassazione oggi basato su un meccanismo proporzionale al reddito percepito, sulla base di scaglioni di reddito e aliquote IRPEF. La proposta avanzata dall’alleanza Lega – 5 Stelle è di introdurre un’aliquota fissa (flat tax) con deduzioni, riformando il meccanismo di imposizione sui redditi delle persone fisiche e delle imprese.
Secondo le anticipazioni di Alberto Bagnai (Lega), la nuova tassazione partirà nel 2019 per le imprese e nel 2020 per le famiglie. Di diverso avviso Armando Siri, fedelissimo del leader della Lega e teorico dell’aliquota unica, che prevede un avvio della flat tax subito anche per le famiglie, per andare a regime dal 2020.
Inizialmente pensata come aliquota unica, la flat tax per le imprese potrebbe essere articolata su due aliquote (al 15% e al 20%), diversamente da quanto avviene in realtà oggi con l’IRES che si applica alle imprese maggiori e dell’IRI che si applica alle minori, entrambe al 24%.
La flat tax per le imprese potrebbe essere inoltre accompagnata, come quella per le famiglie, dall’abolizione di altre deduzioni e detrazioni che potrebbero penalizzare soprattutto le PMI oltre a comportare un nuovo cambiamento della contabilità.
L’attuale tassa piatta al 24% si articola tra IRES e IRI: la prima si applica sull’imponibile delle società (spa, srl, sapa, cooperative, società di mutua assicurazione, società europee, enti non commerciali), mentre la seconda è una tassa sul reddito dell’imprenditore e si applica a imprenditori individuali, società in nome collettivo, società in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, distinguendo tra imponibile imprenditoriale e imponibile personale, sul quale si applica l’IRPEF.
La flat tax unica di applicherebbe al reddito imprenditoriale, compresi i capitali familiari reinvestiti, favorendo gli investimenti nelle PMI, mentre la flat tax sdoppiata renderebbe meno attraente tale reinvestimento.