Da diversi mesi si sta sviluppando in Italia un nuovo contratto chiamato rent to buy. Si tratta di una soluzione commerciale che coniuga la locazione e la vendita di un immobile. In pratica l’acquirente si impegna ad acquistare un immobile ad una determinata data o al verificarsi di un evento. Fino a quel momento gli è, comunque, garantito il possesso e l’uso dell’immobile per via del pagamento di un importo. Tale importo è costituito da una parte che rappresenta il canone di affitto dell’immobile e da un’altra parte che va accantonata in un fondo e se verrà dedotta dal prezzo di compravendita. Il rent to buy non è una novità assoluta: in Europa era già diffusa da tempo e anche in Italia vi erano forme contrattuali pressoché simili. Tuttavia soltanto di recente si è voluto rivestire tale fattispecie contrattuale con una specifica norma. Il problema, tuttavia, sorge in ambito fiscale poiché in tale circostanza le situazione è un po’ complessa. Vediamo nel dettaglio.
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Il rent to buy, introdotto dal decreto legge 133/2014, è un contratto che potremmo definire ibrido poiché ha una componente relativa alla vendita di un immobile e l’altra relativa all’affitto. In tali circostanze è necessario applicare la giusta normativa in tema di imposizione fiscale. Anche per questo lo scorso 15 marzo la Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti ha pubblicato un documento con il quale intende fare chiarezza. Con il rent to buy un soggetto ottiene in godimento un immobile con l’impegno di acquisirne la proprietà entro una data stabilita. In tale arco di tempo paga un canone mensile del quale una parte è imputata a canone di locazione mentre l’altra andrà in acconto per il corrispettivo della vendita. Tenendo conto che nel periodo di locazione il venditore rimane comunque proprietario dell’immobile, questi dovrà dichiarare un reddito fondiario derivante dal possesso di unità immobiliari locate a terzi. Il reddito fondiario è determinato assumendo il maggiore ammontare tra il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5% ai sensi dell’articolo 37, comma 4-bis del TUIR e il reddito medio ordinario determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo. In tale ambito il locatore ha la possibilità di optare per la cedolare secca. La quota di pagamento versata a titolo di acconto, invece, non rileva fiscalmente per il venditore poiché questa assumerà rilevanza solo al momento del trasferimento della proprietà.