Ogni operazione commerciale che porta l’azienda a vantaggi fiscali può essere considerato abuso di diritto e quindi punibile come elusione fiscale.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 25537 del 30 novembre 2011, respingendo il ricorso di una grossa azienda che aveva contestato un’operazione giudicata elusiva nell’ambito di una triangolazione societaria.
Nel caso specifico si era trattato di un acquisto di quote effettuato dalle controllate e del riacquisto delle stesse da parte della controllante. Secondo gli ermellini si ha abuso fiscale perché, dal momento che l’unico motivo dell’operazione era l’ottenimento di un vantaggio fiscale, si verifica la condizione prevista dalla legge per cui “gli atti diretti ad ottenere vantaggi fiscali con l’aggiramento di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario siano privi di valide ragioni economiche“.
Il mero vantaggio pecunario, pertanto, pur ottenuto in mancanza di un reato effettivo, non è da solo sufficiente a sollevare l’impresa dal rischio di essere accusata di evasione fiscale.
Conseguenza di queste scelte è una ed inequivocabile: la libertà di impresa in Italia è costellata da una serie di restrizioni tali da renderla una sorta di “libertà vigilata”.
Qualsiasi operazione commerciale che agli occhi del Fisco non abbia altra ragione che un risparmio di imposta potrà così essere considerata illegale. L’evasione fiscale, pertanto, più che a un reato può essere in alcuni casi assimilabile a un vero e proprio pesante fardello che grava sul contribuente.