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Previdenza complementare: deduzione fiscale dei versamenti

di Nicola Santangelo

Pubblicato 14 Ottobre 2013
Aggiornato 19 Novembre 2018 10:03

I contributi versati alle forme di previdenza complementare dal lavoratore e dal datore di lavoro sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef per un importo massimo di 5.164,57 euro per ogni anno. E’ questa una interessante opportunità  per ottenere un risparmio fiscale. Gli strumenti che garantiscono il vantaggio fiscale sono i fondi pensione e i Pip, piani individuali pensionistici. Ottenere una deduzione fiscale vuol dire approfittare di un risparmio in termini di minori imposte pagate. Questo vuol dire che un contribuente tassato con aliquota del 23% che effettua un versamento alla previdenza complementare di euro 1.000 otterrà  un risparmio fiscale di euro 230.

L’importo massimo da portare in deduzione è pari a euro 5.164,57. A conti fatti, pertanto, il beneficio fiscale può arrivare anche a 2.220 euro, tenendo conto dell’aliquota marginale massima. Resta inteso che affinché sia possibile ottenere la deduzione è necessario che il contribuente abbia IRPEF da pagare. In caso contrario, ossia qualora il contribuente non abbia potuto fruire della deduzione poiché incapiente, la quota parte dei contributi versati e non dedotti non saranno tassati al momento della liquidazione della prestazione. Affinché ciò accada è necessario che il contribuente comunichi alla forma pensionistica complementare l’importo non dedotto in dichiarazione dei redditi. La comunicazione deve avvenire entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione. Per quanto riguarda la tassazione dei rendimenti, i fondi pensione sono soggetti a imposta sostitutiva dell’11% contro il 20% delle altre forme di risparmio e al 12,50% dei titoli di stato. Inoltre la permanenza protratta nel tempo ai fondi pensione dà  diritto ad una riduzione dello 0,30% per ogni anno successivo al quindicesimo fino ad un massimo del 6%.